mercoledì 13 febbraio 2019

LA DISSENNATA RIVOLTA DEI PASTORI SARDI. NON ESISTE IL BUON PASTORE

« Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta».   (Luca 15,3-7)
Questa sarebbe la parabola del buon pastore? No.Non esiste un buon pastore. La pecora smarrita viene cercata non per affetto nei riguardi della pecora ma per non perdere un capitale. La pecora smarrita è destinata alla stessa fine delle altre dopo essere stata sfruttata per produrre latte ed essere poi uccisa quando diventa anziana e non produce più latte. E produce latte solo quando partorisce un agnello, che, se maschio, essendo improduttivo, deve essere subito eliminato. Tranne qualcuno per riproduzione. Perché il latte deve servire agli uomini e non ai figli dellepecore.  L'uomo è l'unico animale che, andando contro natura, dopo lo svezzamento con latte materno, beve latte di altro animale. Ed è falso che il latte serva a fornire di calcio l'organismo umano. Al contrario, esso provoca una decalcificazione delle ossa.   

Quando il latte può fare male - Focus.it


https://www.focus.it/scienza/salute/quando-il-latte-puo-fare-male

11 mag 2007 - Il latte è il primo, vitale alimento dei cuccioli di ogni specie di mammifero. Finito lo svezzamento, però, solo i cuccioli d'uomo continuano a ...
Pertanto non mi commuovono affatto i pastori sardi che si rivoltano perché un litro di latte viene pagato troppo poco. Per essi le pecore sono solo animali da sfruttare mungendole. Anche trascurando ciò essi sono colpevoli della loro miseria perché tradiscono l'atavico individualismo sardo che ha impedito sempre ai sardi di organizzarsi in cooperative per formare essi stessi delle industrie casearie, senza dover subire da industrie esterne il prezzo di mercato che farebbero essi stessi se si organizzassero in cooperative.  Ha scritto Giuseppe  Manno in Storia di Sardegna che 

“la grettezza delle municipalità era la vera pestilenza del cielo sardo.


Ma a parte ciò il prezzo del latte che, venduto alle industrie casearie, non coprirebbe il costo di produzione, dipende unicamene dalla sovrapproduzione di latte ovino (di pecora e di capra). Un terra, la Sardegna, con circa un milione e 600 mila abitanti ma con circa 5 milioni di ovini (4 milioni di pecore e un milione di capre). Popolo, per atavica tradizione, di mungitori di ovini e di danaro pubblico non sardo. Non si sprecano certamente il cervello. Si fanno perciò la concorrenza fra se stessi e poi si lamentano chiedendo il solito assistenzialismo. Sanno solo organizzarsi in una rivolta gettando il latte sulle strade credendo con questo di suscitare una commossa attenzione nei loro confronti. Se il prezzo pagato per un litro di latte non basta per ripagare i costi che cambino mestiere. Nessuna commozione, Essendo totalmente incapaci di qualsiasi iniziativa imprenditoriale, preferendo l'inerzia della pastorizia che fossilizza il cervello.  
Il rapporto ottimale tra popolazione e territorio (circa 24.000 kmq) avrebbe dovuto fare della Sardegna la regione più ricca d'Italia. E invece è tra le più povere. Senza i trasferimenti dal governo di Roma alla Regione Sardegna i sardi morirebbero di fame  dopo un mese. Una Regione che potrebbe vivere anche di solo turismo. Ma tutte le maggiori imprese turistiche sono in mano a capitali non sardi, se non addirittura stranieri, a cominciare dalla famosa Costa Smeralda, che oggi è in mano agli arabi del Qatar.
Segue una pagina tratta dal mio libro Roba da sardi. Ve la do io la Sardegna   
Pastori crudeli quanto imbecilli per essere rimasti miserabili conservando la tradizione  della produzione del latte ai fini del formaggio pecorino, nonostante le frequenti epidemie del morbo della lingua blu o comunque trasmettenti nel latte l'antibiotico del vaccino per pecore, non avendo mai pensato di poter trarre un maggior vantaggio economico sostituendo la pecora sarda e la capra sarda, che danno una lana priva di valore, usata per tappetti e isolanti termici, con altre razze e di pecore e di capre dalla lana pregiata, come   il cachemire, in modo da risparmiare i maschi, sapendo che il cachemire del maschio è ancora più pregiato. Una Sardegna che è stata sempre terra di povertà espressa dal 45% di tutti gli ovini d'Italia pur con una popolazione di soli un mlione e 600 mila abitanti. Una terra di miserabili che all'EXPO non aveva avuto vergogna di farsi rappresentare soprattutto dal maialetto arrosto. Un EXPO baraccone diseducativo e rovinoso per la salute come fiera ditutte le peggiori tradizioni alimentari. 

3 commenti:

Giuseppe ha detto...

Ci sta che i pastori sardi, come dice l'articolo, vogliono restare tradizionalisti anche se questo li danneggia.
Ma il problema non sta nel valore etico del consumo del latte (sia sardo o francese), con le aggravanti dell'animalismo giustificato, etc..
Il problema è che anche i sardi sono succubi di una politica europeista del consumismo pilotato e programmato dalle lobby (in questo caso del latte francese).
Noi, anche in Italia, purtroppo, ormai noi siamo padroni di scegliere quello che vogliamo mangiare e dove comprarlo: decidono tutto loro.
Credo che, con questo retroscena, i pastori sardi hanno diritto e fanno bene a protestare, malgrado la loro scelta di politica produttiva.

Pietro Melis ha detto...

Vi sono troppi pastori perché vi sono troppi ovini. La conseguenza, come ho già scritto, è che vi è una sovrapproduzione di latte. L'Europa non c'entra.I sardi sono autori della loro miseria. Non cerchino scuse. A parte il fatto personale che io odo i pastori, come tutti gli allevatori di morte. Aggiungerò quanto Balzac scrisse dei sardi dopo avere attraversato tutta la Sardegna a cavallo. Immagini terribili. Si vive meglio senza latte e i suoi derivati, come risulta da uno studio scientifico internazionale che aggiungerò.Il calcio non si trae dal latte, che anzi è nocivo per le ossa perché ne provoca una decalcificazione.Odio il Natale e la Pasqua trasformate in stragi di agnelli.

Giuseppe ha detto...

Prima del Diluvio universale, l'uomo non mangiava gli animali (e probabilmente neanche gli animali si mangiavano tra di loro), ma dei suoi derivati, che allora non erano dannosi per la salute.
Purtroppo, a causa del male che c'è nell'uomo sono state introdotte delle "anomalie" anche nella Natura, per cui il consumo alimentare degli animali ne è una forma derivata.