sabato 23 ottobre 2021

CHI CONOSCE CACCIARI OSCURO E INCOMPRENSIBILE COME FILOSOFO?

E' ormai conosciuto come opinionista alla TV dove è divenuto un noto personaggio. E' stato anche sindaco di Venezia. Partito da posizioni neo marxiste  si è cimentato poi in questioni teologiche analizzando con molta fantasia la natura della trinità. Anni fa mi ruppi la testa per cercare di capire e riportare in un mio libro vari passi del suo Della cosa ultima. Lettura terribile. Mi sono domandato: a chi si rivolgeva scrivendo questo libro se non a pochi eletti addetti ai lavori? Quanti libri può avere venduto? Certamente non sarebbe divenuto un personaggio pubblico scrivendo libri simili. Farò copia e incolla di vari passi di Della cosa ultima. Vi renderete conto di come certa filosofia, come quella di Cacciari, cada nei vaneggiamenti. Non apportando alcun contributo ai temi più importanti della filosofia.       

Su un versante opposto – ma sempre sostituendo l’ignoranza del dibattito scientifico sull’argomento con una vuota erudizione teologica e filosofica circa il rapporto tra possibilità e necessità all’origine del mondo, M. Cacciari,[1]- che, provenendo da tematiche marxiste si era volto verso lo studio del pensiero negativo (Krisis, 1976), sulla solita linea Nietzsche-Wittgenstein, e sulla base dell’assunto della fine della razionalità classica, con l’intento di interpretare il “negativo” come nuova forma di razionalità data dalla presenza di una molteplicità di linguaggi, che rendono impossibile una nuova sintesi secondo il modello classico della razionalità, per cui l’unico sbocco è il relativismo - ultimamente, radicalizzando la teologia negativa, si è convinto di avere scoperto la vera origine del mondo convertendo il pensiero negativo in una teologia che vuole andare oltre la teologia negativa. Con il suo solito linguaggio esoterico, che vorrebbe essere espressione di profondità, e che, in realtà, serve soltanto a mascherare una totale artificiosità di argomentazioni vuote di contenuto scientifico e ricche di affermazioni oniriche, Cacciari espone soltanto le escrescenze di una simbiosi tra neoplatonismo, esegesi biblica, cristianesimo, hegelismo e analisi del secondo Heidegger, pretendendo di rispondere filosoficamente, invece che scientificamente, alla domanda sull’inizio del mondo per trovare in esso le radici della libertà umana. Cacciari scrive che Plotino cadde nell’aporia del considerare l’Uno come trascendente rispetto all’Intelletto e, allo stesso tempo, legato alla “Relazione” indisgiungibile con l’Intelletto, sua emanazione necessaria, e, tramite l’Intelletto, alle determinazioni finite dell’Essere,[2] manifestazioni dell’Uno. Pertanto l’Uno di Plotino, cioè Dio, non sarebbe in realtà trascendente rispetto alle determinazioni dell’Essere, dipendendo dalla sua “relazione” necessaria con l’Essere. L’Uno, secondo Cacciari, dovrebbe essere indifferente ad ogni determinazione dell’Essere.[3] Dio non può identificarsi con il suo essere Causa del mondo. Interpretando il Logos della Trinità cristiana come parziale rivelazione di Dio - che, dunque, non si identificherebbe con la razionalità manifestantesi nel mondo – Cacciari considera Dio come Inesprimibile, ciò che sta al di là della dicotomia necessità-contingenza. Dio diventa il luogo inaccessibile alla razionalità, quell’immediato che non si può cogliere nemmeno misticamente perché il mistico pretende, come Plotino, che l’anima diventi una sola cosa con Dio,[4]che, invece, è inattingibile perché non è soltanto il luogo di tutti i compossibili, ma anche il contrario di tutto ciò che può essere pensato nella sua Relazione con il mondo. Inoltre, Cacciari, in una ricercata, quanto arbitraria e falsa, analogia con l’Apeiron (o materia infinita e non definibile da alcun elemento) di Anassimandro, rileva che nemmeno esso può essere considerato come Dio. Dio, infatti, per Cacciari non può non essere considerato come “Onnicom-possibilità”, stando oltre tutti gli infiniti mondi possibili.[5] Contro il Dio aristotelico, in cui la fisica forma un sistema unico con la metafisica,[6] Dio diventa il Silenzio perché non si identifica con l’essere, non tollerando le distinzioni all’interno dell’essere.[7] In questo senso Dio, nella sua “Onnicompossibilità” è anche affermazione di ciò che razionalmente è l’impossibile: sintesi di Essere e di Niente (come negazione del possibile): in Dio “Il possibile abbraccia anche la negazione di sé, l’impossibile…L’Inizio…afferma in sé l’im-possibile…L’ambito del puro Possibile abbraccia in sé necessariamente anche il possibile im-possibile…L’infinito Possibile è uno con l’Infinito Im-possibile. Nel Possibile trova luogo anche l’im-possibile della manifestazione…L’arché spetta all’Onni-compossibile: possibilità del possibile, certo, ma anche dell’im-possibile…”. [8] In altri termini, Dio, se è trascendente rispetto al mondo, deve unire il possibile con ciò che razionalmente appare impossibile nell’Essere. Agostino ha ritenuto che Dio potesse essere conosciuto secondo ciò che il Verbo ci rivela “per trovare in fondo noi stessi”,  ma, dice Cacciari, tra filosofia e fede vi è irrelatività, e “l’occhio cieco della mente vedrà sempre assai più profondamente del teologo…la sovra-essenzialità del Dio”.[9]

Date queste premesse Cacciari crede di avere trovato il fondamento della libertà umana, che non avrebbe radici, come pensò Heidegger, nel trascendere l’Essere con il pensiero della morte (cioè del Nulla), ma nello stesso Dio che è la compossibilità di ciò che è possibile ed impossibile. Anche il peccato, in questo senso, sarebbe espressione di libertà, cioè del possibile che “realizza l’immagine di Dio come libero creatore”,[10] pur nella sua opposizione a lui. Heidegger, commenta Cacciari, da prima, in Essere e tempo, pose nell’autentica esistenza dell’esserci dell’uomo, inteso come essere-per-la-morte, il fondamento della libertà, ma rimase inviluppato in un’opposizione tra libertà intesa come possibilità e il destino dell’esserci che è, allo stesso tempo, gettato nel mondo. Pertanto Heidegger successivamente cercò un fondamento ontologico della libertà umana, ma, pur considerando “la libertà come l’abissale essenza di Dio”,  non uscì dalla contraddizione di un Dio che non è libero di non manifestarsi, anche se parzialmente nel suo contemporaneo occultarsi, per cui perviene “al perfetto implodere in sé, al proprio im-possibile”.[11] Se Dio si dona necessariamente nel suo rivelarsi, la sua Libertà appare vincolata.

La libertà umana potrebbe considerata come un dono di Dio, che, spogliandosi di sé, donò all’uomo il Figlio[12]. In realtà tale dono non è libero dal vincolo della reciprocità se chi dona pretende di essere riconosciuto nella fede, e dunque remunerato. Ma remunerazione da parte dell’uomo significherebbe la perdita della libertà. Infatti, se il dono della Libertà deve essere gratuito da parte di Dio, tale libertà dovrebbe essere incondizionata, senza scambio, “senza ragione, senza perché”.[13] Pertanto deve poter volgersi anche contro Dio. Da ciò consegue “la perfetta inutilità del servire” Dio nelle opere. [14] “Ogni diritto da parte dell’uomo va assolutamente respinto”.[15] Ma in tal modo l’uomo non ha nemmeno diritto alla salvezza, perché Dio non ha alcun vincolo con l’uomo nel suo dono gratuito della Libertà, e l’uomo non ha più padroni. E’ come se Dio, dopo avere donato la libertà all’uomo, si fosse ritirato conservando la sua onnipotenza “non dipendente da alcuna condizione…l’Onni-compossibile, che è…lasciar essere  anche la possibilità di non-essere”.[16]

La Trinità, in quanto include anche il Verbo (Logos), quale manifestazione di Dio nel mondo, non può essere dunque Dio inteso come arché, cioè come libertà assoluta, come Inizio che trascende ogni determinazione compresa nel Logos.

D’altra parte, se il Logos deriva eternamente da Dio per una relazione non adventitia),[17]le tre Persone della Trinità sono inseparabili e indistinte nella loro manifestazione tramite il Logos, per cui “il Figlio ha la stessa volontà del Padre” e “la reale distinzione tra le tre Persone diviene davvero null’altro che un’articolazione logica”,[18] non reale. Il Padre sprofonderebbe anch’egli nell’incarnazione del Figlio, senza poter distinguersi da lui, e verrebbe meno, con ciò, “il suo essere non-contingente”.[19] Se, al contrario, l’incarnazione riguardasse una sola persona, o tutto Dio si rivela in essa e allora abbiamo l’ateismo di Hegel, oppure il Padre si distingue dal Figlio a prezzo di una mancanza di Relazione tra i due. Il “problema” per Cacciari consiste nel mantenere la Relazione tra i due e allo stesso tempo la loro distinzione. Cacciari crede di avere trovato la soluzione nel conservare la contraddizione, cioè nel considerare la Relazione con il Logos (e dunque con il mondo) come distinta dal suo Inizio, che la trascende. Nella stessa Relazione tra le persone della Trinità, e, dunque, nella relazione del Padre con il Figlio, vi sarebbe un vincolo di Libertà, che è lo Spirito, consistente nel fatto che il Padre avrebbe abbandonato il Figlio nel suo distinguersi da esso, anche se ciò sembra contrastare con il fatto “che il Figlio ha la stessa volontà di Chi l’ha mandato”.[20]

In effetti, per Cacciari, proprio la contraddizione esprime il massimo di Libertà di Dio, non vincolato dal Logos, cioè dal Figlio, che lo manifesta nel mondo. In questo senso Dio, come Inizio, è infinito: egli eccede la stessa Trinità in quanto eccede il Logos compreso nella Trinità, distinguendosi da esso. La Trinità è l’unità della contraddizione perché diviene mancanza di distinzione per via della Relazione esistente tra le tre persone, e tuttavia il Padre si distingue dal Figlio, cioè dal Logos: “Il Dio Logos è quello della Croce”. E, pur nella distinzione, le tre Persone si amano. “Qui sta la follia, lo scandalo”.[21] Ma “la parola del Deus-Trinitas, il suo essere Logos è Relatio perfetta quando fa-segno anche a ‘ciò’ che la eccede, a ciò che non può dire. Quando le Persone… indicano l’abisso che tutte le distingue dall’Inizio”.[22] 

Pertanto il Dio biblico è un Dio antropomorfico nel suo relazionarsi all’uomo. Dio, come Inizio, è oltre la Trinità in quanto è oltre la comune essenza delle Persone che ne costituiscono la relazione. Infatti, “la relazione, ogni relazione, deve riconoscersi finita nell’ambitus omnium dell’Inizio…poiché im-possibile è determinare una relazione con l’Inizio”.[23] 

Secondo S. Tomaso la creazione dal nulla non è dimostrabile razionalmente, essendo fondata solo sulla fede. Ma Dio ha già in atto idealmente dall’eternità la totalità degli essenti, e dunque non esce fuori di sé nella creazione. E’ facile vedere come da ciò si potesse argomentare a favore dell’eternità della materia. Ma Cacciari vuole conservare un concetto di Dio come Libertà, un Dio che agisce per arbitrium voluntatis e che, pertanto, non può non escludere la necessità del mondo, “altrimenti in nessun modo sarebbe concepibile il primato della volontà divina”.[24] A causa di tale primato Dio, secondo Cacciari, non può nemmeno aver tratto da sé, fuori del tempo, gli elementi primi. Non sarebbe “Arché assoluta” perché tali elementi gli preesisterebbero. Egli non sarebbe libero, ma destinato da essi. Cacciari va anche oltre il primato della volontà divina domandandosi da dove essa derivi dal momento che Dio vuole se stesso: “Da dove questa volontà?”,[25] posto che Dio non può volere la sua volontà come esse, cioè come predefinita, perché sarebbe vincolato da essa. La volontà non può che derivare dalla “Libertà in-finita dell’Inizio, in cui eternamente si dà il possibile dello stesso volere-sé di Dio, e dunque di ogni possibile creazione”.[26] La volontà di Dio nasce dalla “Libertà che lascia essere la relazione (la stessa idea di Relazione), così come, in uno, non deve lasciarla essere (mentre Dio vuole se stesso). Dio, nel suo Inizio, deve poter (Possest) volere che ogni volere, come ogni ente, possa anche non dover essere (“non debet esse”), in modo che sia “Libertà da ogni determinazione”, “nel suo Infinito di ogni determinazione”, essendo “potenza di ogni determinazione”.[27]             

Così, secondo Cacciari, si giustifica anche il Male, che deriva dall’assoluta libertà di Dio. Se il Male fosse stato vinto con il sacrificio della Croce, non vi sarebbe più bisogno del Deus-Trinitas, che apparterrebbe solo al passato.[28] Il Male deriva, secondo Cacciari, dal fatto che Dio è signore del Sì e del No, altrimenti non sarebbe Libertà, cioè Inizio. In quanto Inizio, Arché infinita, Dio è l’Aperto[29] che non si lascia vincolare dal suo Logos. Pertanto il Male deriva dalla “Onni-compossibilità” di Dio. “Male e Bene sono nell’Inizio; nessuno dei due è propriamente Apeiron, poiché essi si rimandano l’un l’altro in inseparabile opposizione…Il Bene…non può essere l’Inizio, che è l’essere di tutti i possibili e della loro negazione…Bene e Male (sono) nel loro inseparabile opporsi come com-possibili nell’Inizio…”. [30] Il Male nell’uomo ripete la contraddizione divina: egli ha la libertà di ritrarsi in se stesso rifiutando la “perfetta libertà del Dono” della manifestazione divina, “che è vittoria sul Male”. [31] Pertanto, tramite l’uomo la vittoria sul Male non è mai garantita, altrimenti il sacrificio della Croce, che è vittoria sul Male, dovrebbe essere ritenuto ormai superato con l’affermazione della fede su tutta la terra, e l’uomo diverrebbe soltanto un servitore di Dio, invece di potersi asservire soltanto a se stesso.[32] Ma ciò dipende sempre dal fatto che in Dio, come Inizio, “tutti i possibili sono, in uno con la possibilità del loro stesso negarsi”, essendo Dio, come Inizio, non risolvibile nella necessità del suo Logos, con cui si manifesta per donare liberamente all’uomo il segno della sua libertà.[33]          

L’Inizio “è l’originaria “possibilità e im-possibilità in uno dell’ek-sistere del tutto…quod non debet esse-quod non debet non esse, icona della sua Libertà”.[34]

 Nel contesto di questo lussureggiante sproloquio onirico, da cui emerge la totale ignoranza della conoscenza scientifica del mondo, cioè, soprattutto, soprattutto delle teorie cosmologiche e della biologia evoluzionistica, da cui soltanto possono trarsi serie considerazioni circa il significato di Inizio del mondo, in relazione al rapporto tra necessità e casualità nella stessa espansione dell’universo a iniziare dal Big Bang e alla domanda “e prima del Big Bang?”,[35] Cacciari inserisce le sue riflessioni sullo “Straniero”, ripetendo anch’egli l’ormai nota cantilena della filosofia del dialogo scrivendo che ognuno deve farsi straniero a se stesso per meglio conoscersi. “Nessuna identità può definirsi immune dal colloquio con l’hospes/hostis. La mia identità sono gli ospiti in me, tra cui il protagonista più straniero è l’Io stesso. Questa pluralità è tanto poco distruttiva dell’identità da costituirla…facendo esodo nella più pura in-securitas da ogni terra ereditata, da ogni possesso della <<casa del padre>>”.[36] Come Dio esce da sé per manifestarsi al mondo tramite il Logos, così l’uomo per conoscere se stesso deve uscire da sé per “riconoscersi ospitante…estraneo ad ogni logica di scambio, ad ogni remunerazione…senza nulla pretendere…Il prossimo è l’Altro: noi stessi, quest’anima che indaghiamo e la cui misura ci trascende sempre ”. Lo straniero diventa la metafora dell’inesprimibile che è Dio, “il Regno come l’Aperto onni-accogliente…al di là del bene e del male”.[37] Infatti il comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso” si scandisce il grande comandamento “amerai il Signore Dio tuo”. Il Signore è il “volto nascosto” del      prossimo, che è anche il nemico, come possibilità estrema del prossimo. Solo chi identifica il prossimo anche con il suo nemico diventa “perfetto come il Padre celeste”. [38] 

Analizzando il concetto hegeliano di Stato come risultato della lotta che ogni singola individualità sostiene per ottenere il riconoscimento della propria libertà da parte dell’altro, per cui ognuno avverte che la vittoria sull’altro, con il suo annullamento, annulla la possibilità stessa di essere riconosciuto e lo Stato nasce dal reciproco riconoscimento tra libertà inviolabili, che comporta l’esigenza primaria dell’eguaglianza in contrasto con l’idea di libertà, Cacciari, andando oltre Hegel, ripropone lo stesso ragionamento nel contesto della relazione tra Stati, con la conseguenza che la storia dovrebbe terminare quando “ogni uomo sarà riconosciuto da tutti gli altri come cittadino di uno Stato universale”. [39] Andando al di là dei limiti di uno Stato territoriale per ricuperare come prioritaria l’esigenza del riconoscimento reciproco della libertà individuali, Cacciari ripete che l’affermazione dell’individualità compiuta nel riconoscimento dell’individualità altrui comporta che ognuno non resti “ostinatamente” se stesso ma si cerchi nell’altro.  “Ma come cercare noi stessi nell’altro? Come, in questa ricerca, divenire altri a noi stessi in noi stessi? L’esodo è questo: l’individualità si forma facendosi altra in se stessa. Sempre via da sé, ma in sé…Il superamento dell’ostinazione dell’in sé non va inteso come superamento della differenza, ma, all’opposto, della volontà idiota di sussumerla in sé ”.[40]         

Se queste sono le giustificazioni di una società multiculturale, vi è da domandarsi: cui prodest? Forse ad una “volontà idiota” come quella di Cacciari, con cui si conferma che tale società è fondata sull’utopia morale che fa strage del diritto, giacché prescinde dalle basi biologiche della natura umana. Almeno questo avrebbe dovuto imparare Cacciari da Nietzsche. 



[1]  Della cosa ultima, Adelphi 2004. Le 554 pagine del  testo appaiono uno sfoggio di divagazioni erudite fini a se stesse. 

[2]  Cacciari osserva che, essendo l’Uno Pensiero di pensiero, include una dualità che contraddice l’Uno ( Ibid., p. 59).  

[3]  Ibid., p. 62.

[4]  Ibid., p. 116.

[5]  Ibid., pp. 53 sgg.

[6]  Ibid., p. 59.

[7]  Ibid., p. 69 e pp. 223 sgg.

[8]  Ibid. p. 75-103. Cacciari non omette di criticare (pp. 70 sgg.) anche il  pensiero di Cusano (De possest), secondo cui Dio rimane pur sempre nell’ambito dei possibili compossibili, essendo la sua essenza sempre vincolata dalla razionalità, per cui le contraddizioni colte dall’intelletto umano si annullano soltanto all’infinito, come si annulla la differenza tra linea curva e linea rettilinea in una circonferenza di raggio infinito. Non esiste in Cusano una sintesi divina di possibile e di impossibile, che, secondo Cacciari, sarebbe la condizione della trascendenza di Dio rispetto al mondo, che è una esplicazione della totalità dei possibili esistenti eternamente nella mente di Dio. Su Cusano cfr. il nostro Aspetti logici e teologici della rivoluzione astronomica. Da Buridano a Keplero, Annali della Facoltà di Magistero di Cagliari, 1984, Vol. VIII, Parte I.         

[9]  Ibid., p. 128.

[10]  Ibid., p. 184.

[11]  Ibid., pp. 299-307.

[12]  Ibid., p. 316.

[13]  Ibid., pp. 314-

[14]  Ibid., p. 327.

[15]  Ibid., p. 324.

[16]  Ibid., p. 323.

[17]  Ibid., p. 331.

[18]  Ibid., p. 337.

[19]  Ibid., p. 336.

[20]  Ibid., p. 339.

[21]  Ibid., p.339.

[22]  Ibid., p. 341. Dunque, secondo Cacciari, non è il Padre che eccede il Figlio, ma è l’Inizio che eccede le tre Persone della Trinità, perché il Padre ha una relatione con il Figlio, e dunque da sé non eccede il Logos, che l’Inizio deve eccedere perché sia veramente Dio oltre la Trinità.   

[23]  Ibid., p. 343.

[24]  Ibid., p. 347.

[25]  Ibid., p. 348.

[26]  Ibid., p. 349.

[27]  Ibid., p. 349.

[28]  Ibid., p. 364.

[29]   Si tratta di una rimasticatura di Heidegger da parte di Cacciari.

[30]  Ibid., pp. 367-71.

[31]  Ibid., p. 365.

[32]  Ibid. , pp. 365-66.

[33]  Ibid., p. 367.

[34]  Ibid., p. 429.

[35]   Dopo la recente scoperta della materia oscura, di cui quella visibile rappresenterebbe solo il  2% , ha acquisito maggiore giustificazione il modello cosmologico che postula una successiva ( come anche precedente) contrazione dell’universo a causa del prevalere della forza di gravità dopo l’esaurirsi della forza di espansione dell’universo iniziata con il Big Bang. Sulla materia oscura e le particelle dell’universo formatesi subito dopo il Big Bang cfr. Lawrence M. Krauss, Il cuore oscuro dell’universo. Alla ricerca della “quinta essenza” (1989), Mondadori 1990; Leon Lederman, La particella di Dio. Se l’universo è la domanda, qual è la risposta? (1993), Mondadori 1996. Sui modelli cosmologici cfr., tra gli altri, William Bonnor, Universo in espansione (1964), Boringhieri 1967; Paul Davies, Spazio e tempo nell’universo moderno (1977), Laterza 1979; Idem, I misteri del tempo. L’Universo dopo Einstein (1995), Mondadori 1996. Se alla fase di espansione succede quella di contrazione non abbiamo bisogno né di Dio né…di Cacciari.

[36]  Ibid., 137.

[37]  Ibid., pp.140.43.

[38]  Ibid., p. 143.

[39]  Ibid., p. 203.

[40]  Ibid., p. 205.

1 commento:

Mauro b. ha detto...

Non ho mai letto nulla di Cacciari. Lo vedo a volte in TV mezzobustato onnisciente disquisente, come altri carciofi maitres a penser. Tuttologi. Hanno vinto, detengono l'appalto dei commenti, dal prolasso alla corsa al Quirinale. Sono rimedio sovrano contro la stipsi, o l'insonnia. Per che li ascolta regolarmente. Visto che anche lui si impipa di cose religiose, di Trinità et similia, il pericolo che lo legga in futuro è praticamente nullo. Arduo disquisire sull'aria fritta, su novelline truculente medio orientali. Arduo ed inutile, a mio avviso. Sono agnostico convinto. Non mi interessa più