Ho sempre pensato che solo l'eugenetica porrebbe rimedio alla lotteria della nascita. Si pensi che in una sola eiaculazione vi sono milioni di spermatozoi che corrono verso l'utero per suicidarsi tutti tranne uno o al massimo due o tre se si tratta di parti gemellari. Se ne fosse arrivato un altro sarebbe nato un diverso individuo. La gente non ci pensa. Lo spermatozoo vittorioso nella corsa verso l'utero porta con se le malattie ereditarie che un altro spermatozoo probabilmente non lascerebbe in eredità. Ciò vale anche per l'ovulo della donna. Che però arriva alla fine della fertilità con gli stessi ovuli con cui è nata, mentre gli spermatozoi si rinnovano sempre. Ma per questo è consigliabile eiaculare ogni tanto anche in tarda età per rinnovare gli spermatozoi. Un uomo può essere fertile anche nella tarda vecchiaia, ciò che non è consentito alla donna, soggetta alla menopausa. Ed una donna che rimanga incinta dopo i 40 anni rischia di porre al mondo un figlio nato da un ovulo vecchio con tutti i pericoli conseguenti alla tarda età dell'ovulo. Pertanto solo l'eugenetica, con fecondazione assistita, può porre rimedio alla lotteria della nascita. Si può scegliere con fecondazione in vitro lo spermatozoo che non risulti portatore di malattie ereditarie, e lo stesso dicasi per l'ovulo. Si suole dire che in questo modo si favorirebbe una concezione razzista perché verrebbero selezionati determinati caratteri. Ma non è forse meglio favorirli piuttosto che lasciare tutto al caso? Sarebbe il caso di dire che normalmente si lascia decidere tutto al ca**o. Un figlio che nascesse con determinate malattie ereditarie dovrebbe poter fare causa ai genitori per averlo fatto nascere malato.
Da un mio libro di prossima pubblicazione (Scienza, filosofia e teologia) in lavorazione presso l'editore Rubbettino.
E’ stato giustamente osservato che vi è anche Il diritto di non esistere. [1] Già nel XIX secolo Stuart Mill riteneva un crimine far nascere un individuo senza garantirgli una giusta nutrizione e una necessaria educazione. Ma il diritto di non esistere è stato limitato oggi al diritto di non nascere già predisposti a determinate malattie. L’etica si è subito presentata con i suoi laceri panni per difendere la sacralità della vita, come vi era da aspettarsi. L’autore del testo vorrebbe risolvere il paradosso affermando che in realtà non può esistere alcun diritto per chi ancora non esiste, altrimenti i genitori che trasmettano malattie ereditarie dovrebbero essere oggetto di sanzioni penali. A tale apparente paradosso si può rispondere che la legge non interviene normalmente soltanto per punire un reato quando esso sia stato già commesso, ma anche per mancanza di applicazione di quella normale prudenza che avrebbe potuto evitare che altri fossero vittime di un danno irreparabile.
[1] Fabio Bacchini, Il diritto di non esistere, McGraw-Hill, Milano 2002.
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La pratica eugenica non può che favorire le potenzialità fisiche e mentali di un individuo, sottraendolo alla casualità della natura. Affermare che ciò sia antidemocratico significa pretendere che, poiché molti nascono sfortunati nella lotteria della vita, è bene che tutti siano democraticamente sfortunati. Se l’eugenetica ha come scopo il miglioramento della vita biologica individuale estirpando alla radice le malattie prima del concepimento, questa è una pratica che non serve a favorire il bene, che non si saprebbe nemmeno in che cosa potrebbe consistere, ma ad eliminare il male. In ciò sta la differenza tra una pratica razzistica che vorrebbe migliorare la razza con la pretesa di selezionare determinate caratteristiche somatiche, a cui non corrisponde di per sé un più alto grado di intelligenza, con una pratica medica che vuole eliminare tare genetiche, con risparmio dei danni sociali che esse comportano.
[1] Fabio Bacchini, Il diritto di non esistere, McGraw-Hill, Milano 2002.
1 commento:
Prof. Melis..e' difficile rispondere alla sua cruda ed veritiera considerazione senza cadere in conflitti interni contrastanti..
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