mercoledì 17 settembre 2014

EBRAISMO, CRISTIANESIMO E ISLAMISMO

Leggo la seguente recensione ad un libro del giornalista scrittore Pietrangelo  Buttafuoco

Cabaret Voltaire. L'Islam, il sacro, l'Occidente - Buttafuoco ...


La destra non è altro che la sinistra al culmine della sua fase senile. La guerra al sacro, mai portata a termine dalla sinistra, viene più efficacemente condotta dalla destra occidentalista, e non con la costruzione razionale della scienza, ma con le bandiere della libertà e della democrazia, due illusioni che non hanno neppure bisogno di nutrire utopie ma solo di formale enunciazione. Là dove il materialismo scientifico ha fallito, infatti, riesce il Pentagono, con il pensatoio destra liberale che impone il modello unico dell'individuo costretto a un solo destino: il consumo. E la consunzione di sé." Questa, icastica e implacabile, la condanna che pronuncia Pietrangelo Buttafuoco in questo libro. Un'accusa che, tuttavia, apre spiragli di comprensione importanti della realtà in cui viviamo. Prima di tutto nei confronti dell'Islam che, lungi dall'essere quello dipinto dalla cronaca giornalistica o dalla falsa democrazia liberale e statunitense, si dimostra straordinariamente vicino al valore che l'Occidente, tutto paillette, lustrini e televisione pornografica, sta cercando di rimuovere: il sacro, le forze primordiali della natura, i legami originari. "Cabaret Voltaire" è un libro che segna un nuovo punto di inizio nel faticoso tentativo di comprensione dell'Islam, dei suoi rapporti con il cristianesimo, con il liberismo, con il mondo: oltre le categorie, inutili e stantie, di destra e sinistra, oltre ogni ideologia, per giungere al cuore delle cose.
COMMENTO MIO
 Buttafuoco è solito usare un linguaggio frastagliato, pieno di anacoluti e spesso asintattico. Ma lasciamo perdere il suo "stile" al limite del comprensibile. 
Ciò che mi ha colpito è il suo non avere capito affatto che cosa sia l'Islam, pur nella verità che l'Occidente è ormai corrotto per avere abbandonato la supremazia dei suoi valori originari, che vanno cercati non tanto nel sacro quanto nella rivoluzione scientifica del XVII secolo. Non si capisce che cosa Buttafuoco intenda per forze primordiali della natura che, oltre al sacro,  accomunerebbero  l'Islam all'Occidente. Direi, al contrario, che l'Islam ha sempre separato l'uomo dalla natura. E, per quanto riguarda il sacro, è vero che l'Occidente secolarizzato ha perso ormai qualsiasi riferimento al sacro. Ma vi è una enorme differenza tra il sacro del cristianesimo e quello dell'islamismo. Il sacro dell'islamismo deriva da una concezione antiscientifica dell'uomo e della natura. Il cristianesimo, è vero, è stato anche storia di fanatismo, di roghi degli "eretici", di interessi di potenza, di alleanze e di rovesciamento di alleanze con i regnanti d'Europa a seconda degli interessi materiali dei papi. Ma è stato anche traghettatore della razionalità greca. Tutti i grandi scienziati della rivoluzione scientifica furono cristiani. Newton giunse a scrivere che lo spazio assoluto (vuoto) era paragonabile all'occhio di Dio, che vede le cose come sono in se stesse. Mai sarebbe potuta avvenire la grande rivoluzione scientifica del XVII fuori del cristianesimo. Questa affermazione può fare storcere il naso agli storici, ma soltanto perché hanno sempre ignorato che fu proprio la trinità cristiana a farsi traghettatrice della scienza greca, avendo recepito nella trinità la triade neoplatonica Uno-Intelletto-Anima del mondo, a cui corrispose la triade Padre (potenza dell'Uno)-Figlio (o Verbo, corrispondente all'Intelletto o Logos)-Spirito Santo, che aleggia sul mondo come l'Anima del mondo neoplatonica. La potenza del Padre è dunque vincolata dall'Intelletto del Figlio, luogo di tutte le idee eterne (a partire dalle idee matematiche), che impedisce che il Padre possa agire di puro arbitrio. La trinità fu una rivoluzione rispetto all'ebraismo perché Jahweh è un dio la cui potenza trascende qualsiasi vincolo della ragione. Infatti l'ebraismo è privo della trinità. Mentre per l'ebraismo è giusto tutto ciò che Jahweh comanda perché la sua volontà è insondabile da parte dell'intelletto umano (da cui la giustificazione di tutte le storie più assurde e di tutte le stragi raccontate, anche se romanzate, nell'Antico Testamento), il cristianesimo con la trinità ha reso l'intelletto umano partecipe dell'intelletto divino. A questo proposito bisogna ricordarsi quanto Galileo scrisse nell'opera Il Saggiatore precisando che l'intelletto umano è inferiore all'intelletto divino solo per quanto riguarda la quantità delle conoscenze, che alla luce delle verità matematiche l'intelletto umano era pari all'intelletto divino e che la  natura era stata creata con linguaggio matematico. Lo scienziato cristiano era dunque indotto a studiare la natura anche per ragioni teologiche. Infatti, conoscendo la natura si conosceva la stessa natura di Dio tramite il suo operato. 
Anche durante il Medievo la Chiesa non ostacolò affatto il progresso scientifico perché fu sempre una scuola di liberalismo per quanto riguarda la concezione del fisica del mondo. Si pensi che il vescovo di Parigi Stefano Tempier nel 1277, due anni dopo la morte di S. Tomaso, il maggiore dottore della Chiesa, affisse sul portale della chiesa di Notre-Dame 219 tesi con cui si confutavano, tra molte altre, anche alcune affermazioni di S. Tomaso, secondo cui non si poteva dimostrare che il mondo fosse stato creato dal nulla e che il mondo fosse finito. Tempier affermò che la materia non poteva essere considerata coeterna con Dio ma aggiunse che il mondo non poteva essere considerato finito (come lo concepiva S. Tomaso) perché solo un universo infinito poteva essere considerato coerente con l'onnipotenza divina. Nel secolo successivo un altro vescovo di Parigi, Nicola di Oresme, affermò che era la Terra, e non il cielo, che girava intorno al suo asse. Nello stesso secolo (XIV) uno dei più grandi filosofi di ogni tempo fu il francescano Guglielmo di Ochkam, che, sulla base di una concezione empiristica relegò nel campo della fede le affermazioni teologiche negando che potessero essere combattute come eretiche le proposizioni riguardanti la filosofia e la scienza, essendo ognuno, al riguardo, libero di pensare ciò che voleva. Non basta. Nel XV secolo il cardinale tedesco Nicola Cusano (1401-66), matematico e filosofo, delegato del papa al concilio di Basilea, scrisse che il mondo era infinito, che la Terra si muoveva anch'essa e non poteva essere il centro del mondo in un universo infinito. Nel 1543 (anno della sua morte a 70 anni) Copernico pubblicò il suo De revolutionibus orbium coelestium dedicando la sua opera al papa Paolo III, che lo ringraziò.
Nessuno fu per questo condannato come eretico. E allora come si spiega il successivo rogo di Giordano Bruno e la condanna di Galileo?  Si spiega tenendo conto della comparsa del protestantesimo. Da Lutero e Calvino vennero le più aspre condanne dell'astronomia copernicana, con cui si decentrava la Terra facendone un pianeta del Sole, posto per la prima volta al centro del sistema astronomico (bisogna infatti considerare che Copernico non arrivò mai ad affermare l'infinità del mondo, rimanendo per lui l'universo finito, limitato ancora dal cielo delle stelle fisse, chiamate tali nell'antichità non perché esso non si muovesse (anzi era il cielo che aveva la maggiore velocità essendo il cielo più grande) ma perché le stelle, diversamente dai pianeti, conservavano la loro posizione relativa fra esse. Con Copernico si muoveva la Terra ma rimaneva il cielo delle stelle fisse, che, a questo punto, diveniva immobile. Calvino, nella sua idiozia da fanatico, scrisse (Institutio christianae religionis) contro Copernico: "Chi oserà porre l'autorità di Copernico al di sopra di quella dello Spirito Santo?". La Chiesa cattolica, a questo punto, per paura di essere superata dal protestantesimo in fatto di ortodossia religiosa, cambiò rotta e condannò l'opera di Copernico, e conseguentemente anche quella di Galileo (Dialogo sopra i due massimi sistemi). Ma come si spiega il rogo di Giordano Bruno? Vi è da precisare che altri roghi furono innalzati dai calvinisti, come quelli per cui morirono Michele Serveto e Valentino Gentile, accusati di essere negatori della trinità. Nonostante l'ammirazione che ho avuto sempre per Giordano Bruno, martire della libertà di pensiero, per cui nel 2000 posi un necrologio (in parte censurato per il mio attacco alla Chiesa cattolica) sul quotidiano di Cagliari in occasione del IV centenario del suo martirio, debbo riconoscere che in un certo qual modo il Bruno andò proprio a cercarsela mancando di prudenza. La sua difesa, durante il suo internamento di nove anni in un palazzo del Vaticano, passò attraverso varie contraddizioni, nel suo altalenare tra abiure e negazioni delle abiure. Sino a quando decise di non abiurare più alcunché di quanto aveva scritto. Probabilmente prevalse in lui la decisione di passare alla storia come simbolo della libertà di pensiero. Se si fosse voluto salvare avrebbe avuto molti argomenti a suo favore. Prima di tutto aveva da molto tempo dismesso la sua veste di frate domenicano ponendosi fuori della Chiesa. L'eretico era tale quando pretendeva di portare all'interno della Chiesa delle affermazioni contrarie all'ortodossia. Ma egli pretese di entrare in merito ai dogmi religiosi, rendendosi così inviso a tutte le confessioni cristiane. Perché, per esempio, arrivò a negare la trinità essendo essa una questione di fede che esulava dalla filosofia e dalla scienza? Che poteva importaglierne di una questione simile che fuoriusciva dal suo intendere Dio come immanente alla natura e il mondo come infinito? Vari filosofi nel Medievo affermarono l'eternità del mondo arrivando con gli averroisti a negare l'esistenza di Dio. E se pure furono condannati dottrinalmente non per questo furono mandati al rogo come eretici. Essi si ponevano infatti sul piano puramente filosofico lasciando perdere i dogmi della religione cattolica. Bruno, invece, non ebbe l'accortezza di evitare di prendere di petto la Chiesa entrando nel merito dei suoi dogmi, come la trinità, la verginità di Maria, la transustanziazione, le punizioni divine, etc. Che doveva importargliene di tutte queste sciocchezze? Ma il suo carattere battagliero in ogni campo gli impedì di evitare questo campo minato. E ci rimise la vita. Galileo fu condannato (ma non al rogo, bensì a dei dorati e quasi lussuosi arresti dominciliari in villa) solo perché si professava cattolico, e dunque in contrasto con la condannata teoria di Copernico. Vi è da osservare, a questo proposito, che ormai tutti gli scienziati erano certi che fosse la Terra a girare intorno al sole e che la Terra girasse intorno al suo asse. Ma, valga il vero, soltanto con il famoso esperimento di Foucault del 1851 nel Pantheon di Parigi fu dimostrato  scientificamente che la Terra girava intorno al suo asse.   
Il grande storico della filosofia Alexandre Koyré ha scritto (in Studi galileiani) che la rivoluzione scientifica del XVII secolo fu una rivincita di Platone contro Aristotele. Che significa ciò? Si pensi che il padre dell'astronomia moderna Keplero, che sostituì i cerchi di Copernico con le ellissi per spiegare i movimenti dei pianeti (in tutti i manuali di fisica sono sempre riportate le tuttora valide tre leggi di Keplero), fu ispirato sempre dalla certezza platonica che il mondo fosse stato progettato da una intelligenza divina, il Demiurgo di Platone (Timeo), e che pertanto il cristianesimo, erede della razionalità greca nell'avere concepito l'universo come espressione del Logos platonico e neoplatonico, non fosse affatto in contrasto con la razionalità scientifica (se si prescindeva dai suoi dogmi strettamente dottrinali in fatto di teologia).                 
Nonostante la Controriforma (che dal punto di vista della razionalità dottrinale, basata sulla filosofia di S. Tomaso, fu migliore della Riforma protestante, che era basata sulla predestinazione divina) il progresso scientifico proseguì senza arresti proprio nell'Europa cristiana, avendo gli scienziati, se pur tutti cristiani, lasciato perdere le questioni riguardanti i dogmi religiosi, sanzionando così la scissione tra fede e scienza. Fu da allora che le parti lentamente si invertirono. La Chiesa nel '700 incominciò a trovarsi sulla difensiva contro gli attacchi provenienti dagli illuministi materialisti (Helvetius, La Mettrie, D'Holbach) o dagli illuministi sostenitori di una religione naturale (come Voltaire). Nell'800 si consolida la scissione tra scienza e religione, e conseguentemente, sotto molti aspetti, anche la scissione tra religione e filosofia, che ormai, prescinde dai dogmi religiosi anche quando introduce in essa temi religiosi (come nella filosofia idealistica di Fichte, Schelling e Hegel). La scienza ormai procede per conto suo, ma sempre conservando il presupposto che l'intelletto umano può scoprire le leggi della natura solo perché è partecipe della stessa razionalità che è immanente alla natura. E questo è un principio ereditato dal cristianesimo, che a sua volta l'aveva ereditato da Platone e dai neoplatonici (i cui maggiori esponenti furono Plotino, III secolo, e Proclo, V secolo d.C. ). E così un bel giorno si arrivò persino a Darwin (tralasciando i suoi storici precursori nella proposizione di una teoria dell'evoluzione, tra cui Buffon, Diderot, Lamarck, per non parlare addirittura di alcuni presocratici come Anassimandro, Eraclito e Democrito o come Epicuro e il suo allievo spirituale Lucrezio). L'originalità di Darwin rispetto ai suoi storici precursori consiste nell'avere trattato l'evoluzione sulla base di due concetti fondamentali: la casualità delle variazioni che portano alla nascita di specie diverse e la selezione naturale.  Da prima le varie Chiese cristiane (compresa quella anglicana) reagirono pesantemente. Ma poiché contra facta non valent argumenta prima o dopo la Chiesa cattolica era destinata a ingoiare il grande rospo dell'evoluzione biologica, prima con Pio XII, che invitò a incominciare a prendere in considerazione il problema dell'accordo della Bibbia con Darwin, e poi, finalmente con Giovanni Paolo II che nel 1996 (meglio tardi che mai) intervenne ad un congresso sull'evoluzione tenutosi in Vaticano riconoscendo la validità scientifica della teoria dell'evoluzione biologica (che in effetti non è più una teoria ma un fatto perché verificata da diverse discipline come la paleontologia, l'embriologia e la genetica). Naturalmente fu mandata in soffitta la favola di Adamo ed Eva, conservata solo come rappresentazione puramente simbolica e non reale dell'origine della specie umana. La Chiesa ha cercato di salvare capra e cavoli interpretando l'evoluzione in senso finalistico (e perciò antiscientifico) introducendo nell'evoluzione la presenza di un disegno intelligente. Vi è da rimanere sconcertati di fronte a una simile asserita intelligenza se si considerano anche soltanto tutte le malattie di origine genetica (dovute agli errori causati dall'incidenza determinante della casualità sin dalle prime formazioni del DNA), tutti i virus e batteri portatori di malattie anche mortali. E la casualità esclude il finalismo. E' evidente che un asserito disegno intelligente della natura vivente è sconfessato dagli studi sull'origine della vita. Ma bisogna ammettere che il cristianesimo ha avuto anche in questo caso il coraggio di venire a patti con la scienza. 
L'ebraismo delle sinagoghe e l'islamismo, al contrario, non sono voluti venire a patti con la scienza. Basti pensare che nelle università islamiche è proibito insegnare Darwin. Incredibile ma vero. Che cosa allora ci si può aspettare di buono da popoli a cui una religione da tragica burla ha tolto l'uso del cervello?             

Nulla di tutto ciò che poi ha ammesso il cristianesimo sul piano scientifico poteva essere ammesso dall'ebraismo, che, concependo un abisso tra l'intelletto umano e quello divino, non poteva non escludere a priori qualsiasi comunanza di natura tra l'uomo e Dio per quanto riguarda la ragione. L'ebraismo si fonda dunque sull'irrazionalità divina (tale per un intelletto umano). Dato questo precedente, gli antichi ebrei non potevano avere alcun interesse per la scienza. Infatti, pur vivendo tra due popoli (quello dell'Egitto a sinistra e quelli degli Stati mesopotamici a destra, noti per essere avanzati nella matematica e nell'astronomia) rimasero nell'antichità il popolo più ignorante della storia tra i popoli che conoscevano la scrittura, pur vantandosi in modo ridicolo di essere il popolo eletto. E anche il più razzista, conseguentemente, perché popolo eletto che non doveva mescolarsi con altri popoli. Ma fu proprio questo motivo che permise loro di essere l'unica popolazione sopravvissuta etnicamente sino ai giorni nostri, mentre tutte le altre popolazioni abitanti nel Mediorente non hanno lasciato alcuna discendenza di sé. L'Antico Testamento è stato scritto con questo unico scopo: quello di essere mezzo di sopravvivenza del popolo ebraico anche quando, dopo l'invasione della Palestina da parte dei Romani, perse la sua indipendenza e incominciarono le diaspore. La religione ebraica ha sempre evitato per questo stesso motivo di fare proselitismo. Una religione che si identifica con la razza. Meno male.
L'islamismo ha in comune con l'ebraismo la concezione di un dio la cui volontà precede la ragione. Non è giusto ciò che è conforme a ragione ma ciò che è conforme alla volontà divina insondabile. Mentre per il cristianesimo è giusto ciò che è conforme alla ragione divina, comunicante con quella umana. Ora, se si aggiunge a Jahweh, ispiratore di tutte le stragi, se pur romanzate, raccontate nell'Antico Testamento, la disgrazia del proselitismo, per di più fondato sulla più brutale violenza delle armi, quale è richiesto dal Corano, si ha come conseguenza la più grande disgrazia della storia: Allah. In effetti Allah, come Jahweh, è solo la conseguenza di una invenzione di una mente umana malata, non vincolata dall'Intelletto della trinità cristiana. 
Come per una sorta di "astuzia della ragione" (Hegel) la razionalità della trinità cristiana si rivolse contro se stessa nella società, prima dando luogo al protestantesimo, che favorì la scissione tra Chiesa e Stato (ma cadendo dottrinalmente nel suo contrario, cioè nella dottrina della predestinazione divina che annullava la libertà umana), poi, traendo le conseguenze proprio dalle conoscenze scientifiche, in una crisi della ragione teologica con cui la razionalità scientifica fu tratta fuori dalla religione per essere consegnata al liberalismo laico sino all'Illuminismo, che per i credenti giustificò solo una religione naturale scissa dalla religione "rivelata". Massimi espositori della religione naturale furono Voltaire e David Hume. Questo è il lungo percorso che in Occidente percorse la ragione. Niente vi è di comune dunque con la storia dell'islamismo, che, privo sin dalle sue origini di razionalità, non poteva dare alcun contributo al progresso umano sia sul piano scientifico che su quello sociale. Trovatemi un premio Nobel per la scienza che provenga da Stati islamici. Nessuno. Anzi, ve ne è stato uno, Abdus Salam, di origine pakistana, che l'ottenne nel 1979, ma solo perché studiò a Londra e si rese poi famoso per avere unificato le energie elettromagnetiche e nucleari delle particelle elementari. Ricerche che gli valsero il Nobel perché poté portarle avanti solo perché gli fu dato modo di fondare a Trieste il Centro Internazionale di Fisica Teorica, a lui tuttora intitolato. Ma si sa che, come scrisse Aristotele, una rondine non fa primavera. E certamente Salam non avrebbe ottenuto il Nobel se avesse continuato a vivere in Pakistan.
E mentre l'ebraismo (soprattutto a partire dall'800, ma senza dimenticare la filosofia dell'ebreo ateo Spinoza del XVII secolo) percorse un processo di laicizzazione che diede modo agli ebrei atei di esprimersi ai più alti livelli nella scienza, nella filosofia e nell'arte, l'islamismo rimase in un immobilismo teologico che impedì ad esso di affacciarsi alla modernità e lo costrinse a diventare parassita dell'Occidente da cui tutto compra non essendo capace di costruirsi da sé tutto ciò di cui ha bisogno in fatto di tecnologia, pur disprezzando l'Occidente e l'Oriente occidentalizzato da cui materialmente dipende, altrimenti non avrebbe aerei, treni, auto, macchine ospedaliere. Sarebbe ricondotto ad un'epoca peggiore del nostro Medievo.                       
I risultati si vedono ancor oggi. L'infame commercio delle armi (la cui costruzione dovrebbbe essere sottratta alle industrie private) permette alla follia islamica di comprare dall'Occidente (tramite i proventi del petrolio) quelle stesse armi che poi rivolge contro lo stesso Occidente. Da una parte la follia "religiosa" degli islamici, dall'altra la follia di un Occidente suicida che commercia con gli Stati islamici vendendo ad essi anche le più potenti armi da guerra, senza le quali oggi l'Occidente non sarebbe vittima più di stesso che della follia degli islamici, che senza il commercio con gli Stati islamici sarebbero ridotti alla totale impotenza e alla assoluta povertà.  
L'esistenza di ISIS è la massima manifestazione della follia suicida dell'Occidente.   

1 commento:

natascia prinzivalli ha detto...

Splendida lezione, grazie Prof.