Dal mio libro Io non volevo nascere (1)
Gustavo Zagrebelsky, professore emerito di diritto costituzionale all'Università di Torino, ex presidente della Corte Costituzionale, opinionista del quotidiano La Repubblica, è stato relatore (il 20 novembre 2000) di una sentenza pazzesca.
Gustavo Zagrebelsky, professore emerito di diritto costituzionale all'Università di Torino, ex presidente della Corte Costituzionale, opinionista del quotidiano La Repubblica, è stato relatore (il 20 novembre 2000) di una sentenza pazzesca.
Egli, partendo “dai principi
fondamentali di eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione
(art.3 Costituzione) e di eguale libertà davanti alla legge
di tutte le confessioni religiose – ma i costituenti , ignoranti,
avrebbero dovuto scrivere “religioni” perché le
confessioni sono interne ad una religione – aggiungendo che “non
può assumere alcuna rilevanza il dato quantitativo della
adesione più o meno diffusa a questa o a quella confessione,
religiosa”, e precisando che “la posizione di equidistanza e
imparzialità è il principio di laicità” dello
Stato, “caratterizzato in senso pluralistico”, ha concluso
assurdamente, in contrasto con il principio della laicità
dello Stato – e senza percepire minimamente la contraddizione –
che “il ripristino dell'eguaglianza violata (con l'art.402 del
Codice Penale) possa avvenire non solo abolendo del tutto la norma
che determina quella violazione, ma anche estendendone la portata
per ricomprendervi i casi discriminati”, convinto che “il
principio di laicità non implichi indifferenza e astensione
dello Stato dinnanzi alle religioni, ma legittimi interventi
legislativi a favore della libertà di religione”.
Sulla base di questa scriteriata
sentenza firmata da 15 idioti, Dio, anche se per gli atei non esiste,
è stato trasformato in una pluralità di soggetti
giuridici, diverso per ogni religione, e i seguaci di ogni religione
sono stati riconosciuti, per dirla con Montesquieu, avvocati di Dio,
che in tal modo, nella sua pluralità giuridica, avrebbe
bisogno degli uomini per difendersi con denunce. “Il male in questo
caso è venuto dall'idea che bisogna vendicare la divinità”,
scrive Montesquieu (Lo
spirito delle leggi,
XII, 4). E ancor prima il giusnaturalista cristiano Samuel Pufendorf
separando il diritto naturale dalla teologia morale della religione
rivelata, rivendicava il diritto di essere atei e di bestemmiare (De
habitu religionis christianae ad vitam civilem,
1686, par. 7).
Zagrebelsky e gli altri 14
deficienti della Corte Costituzionale non hanno capito che con la
loro sentenza anche la setta religiosa più pazza avrebbe
diritto ad una tutela penale. D'altra parte i 15 hanno mancato di
citare il II comma dell'art. 8 della Costituzione che recita: “Le
confessioni religiose diverse da quella cattolica hanno il diritto di
organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con
l'ordinamento giuridico italiano”.
Da cui si evince che
l'islamismo, non potendo non trarre un suo statuto dai comandamenti
del Corano – compresi quelli che, ampiamente citati nel florilegio
del cap. 5, sono una patente istigazione a delinquere (art.414 Codice
Penale) in quanto predicano la violenza contro gli infedeli sino
all'omicidio di massa - avrebbe uno statuto contrario
all'ordinamento giuridico italiano. Hanno mai letto il Corano i 15
scriteriati che hanno firmato la sentenza? Se non l' hanno letto
sono degli ignoranti che hanno preteso di giudicare su ciò
che ignorano. Se l'hanno letto hanno riconosciuto pari dignità
ad una religione il cui libro giustifica il terrorismo islamico. Il
terribile pasticcio a cui sono pervenuti i 15 scriteriati è
causato da due motivi: 1) l'avere contraddetto il principio della
laicità dello Stato attribuendo una tutela penale ad ogni
religione, mentre avrebbero dovuto ignorarle tutte per quanto
riguarda le credenze religiose in senso stretto, non potendo esistere
il reato di vilipendio di una religione, anche perché il
termine “sacro” non può far parte del linguaggio della
politica in uno Stato laico e liberale; 2) l'avere ignorato che ogni
religione nei suoi statuti, cioè in quei principi che
riguardano, non i dogmi religiosi in senso stretto, ma l'esercizio
del culto esterno nell'opera di proselitismo, non deve essere in
contrasto con l'ordinamento giuridico.
E' quanto già Spinoza
aveva spiegato nel suo Trattato
teologico-politico
(cap. XVI) distinguendo il culto interno da quello esterno, che deve
rimanere sotto il controllo dello Stato, in quanto deve “accordarsi
con la pace e la sicurezza dello Stato” (cap. XIX). Se poi si
dicesse che la tutela penale riguarderebbe la difesa della
sensibilità religiosa di un individuo o di una comunità,
sarebbe ancora peggio. Chiunque, a maggior ragione, si sentirebbe in
diritto di denunciare chi avesse “offeso” un sentimento
soggettivo che deriva, non da un rapporto dell' “offeso” con un
altro soggetto giuridico, ma dal rapporto dell' “offeso” con se
stesso a causa di una sua particolare e personale credenza, che non
può avere maggiore valore solo perché l' “offeso” si
ammanta di sacralità , anche quando dietro il “sacro” si
riparano credenze che debbono essere ritenute menzogne, o comunque
falsità, da un ateo, il quale, al contrario del credente,
viene lasciato senza tutela penale nel suo diritto alla
dissacrazione, in violazione dell'eguaglianza di fronte alla legge.
La dissacrazione è stata l'arma che, facendo valere la libertà
di pensiero, ha contribuito alla nascita della concezione laica e
liberale dello Stato. D'altra parte, il cristianesimo non si è
forse affermato dissacrando le divinità pagane? E se vi fosse
qualcuno che dichiarasse – anche se in malafede – di credere
ancora negli dei dell'Olimpo? Se offendesse Zeus offenderebbe la
sensibilità di chi affermasse di credere in Zeus? Se si
obiettasse che soltanto un pazzo potrebbe credere ancora
nell'esistenza di Zeus l'ateo potrebbe rispondere che ci vuole una
buona dose di pazzia tranquilla per credere in Gesù figlio di
Dio, concepito verginalmente con lo Spirito Santo e morto e risorto
per essere assunto in cielo con il corpo. E ci vuole una forte pazzia
violenta per credere il Corano sia stato dettato ad un analfabeta
(Maometto) da Allah tramite l'arcangelo Gabriele. E potrebbe
aggiungere che il confine tra la sanità e la malattia mentale
non è ben definito, trattandosi di questioni di fede. Per
coerenza si dovrebbe riconoscere una tutela penale anche alla
sensibilità religiosa di chi sia seguace delle sette religiose
più pazze, compresa quella dei satanisti. Altrimenti dovrebbe
essere la legge a stabilire, entrando in merito al contenuto delle
credenze religiose, se una credenza religiosa, in quanto tale, sia
buona o cattiva e il relativo sentimento religioso sia degno di una
tutela penale. Per tutti questi motivi uno Stato non può
riconoscere una tutela penale alle religioni. L'alternativa sarebbe -
in contrasto con il citato art. 3 della Costituzione – la
discriminazione tra diverse religioni. E' anche evidente che lo Stato
non può riconoscere l'8 per mille alle organizzazioni
religiose. Altrimenti dovrebbe riconoscerlo anche ai satanisti, se
questi si riunissero in un'organizzazione nazionale sulla base di uno
statuto i cui principi non comportassero, al
contrario del Corano,
atti di violenza ma si limitassero ad un culto incruento di Satana.
Non basta: chi ateo dà l'8 per mille allo Stato, cioè a
tutti – anche a coloro che non lo danno allo Stato – si trova ad
essere discriminato rispetto a chi lo dà alle organizzazioni
religiose, senza averne alcun ritorno, se non ha la possibilità
di tenere per sé l'8 per mille, che pertanto è
anticostituzionale.
Tutte queste conseguenze sono
sfuggite ai 15 scriteriati della Corte Costituzionale .
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Io non volevo nascere, autobiografia di Pietro Melis
www.recensionilibri.org/.../io-non-volevo-nascere-autobiografia-di-pietr...22 apr 2013 - Io non volevo nascere. Un mondo senza certezze e senza giustizia. Filosofi odierni alla berlina è l'autobiografia di Pietro Melis, edito da ...Recensione del libro “Io non volevo nascere” di Pietro Melis
www.recensionelibro.it/io-non-volevo-nascere-pietro-melis-libriIo non volevo nascere” di Pietro Melis è un'analisi filosofica, scientifica sulla nascita, la vita e la morte.
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