Da ateo-agnostico avevo già scritto nel 2005 in Scontro tra culture e metacultura scientifica quanto segue. Avevo previsto tutto.
Il dialogo con altre religioni per il papa non può esistere, potendo
esistere soltanto un incontro con culture, non con altre culture, se la verità
evangelica,
come egli scrive, è metaculturale. Ma
allora avrebbe dovuto spiegare come sia possibile la pretesa di incontrare
altre religioni, che sarebbero soltanto culture, senza privarle di ciò che ad
esse appartiene, posto che “una cultura non può mai, come egli scrive,
diventare criterio di giudizio e ancor meno criterio ultimo di verità nei
confronti della rivelazione di Dio” nel Vangelo. Non si capisce come la
rivelazione di Cristo possa assumere la pretesa di esprimere un valore metaculturale e allo stesso tempo non incatenare alcuna altra
cultura, se le altre religioni sono soltanto culture e non verità rivelata (parzialmente
nel Vecchio Testamento e in nessuna misura nel Corano). Che significato assume
allora l’ingresso di papa Wojtyla nella moschea di Damasco? Quale Dio pregò in
essa? Non certamente quello del Corano, che è il Dio della violenza contro i
non convertiti.[1]Soltanto
un significato politico poteva assumere il pregare il Dio cristiano dove si
prega il Dio del Corano, che è la negazione totale del messaggio evangelico e
della dottrina cristiana del diritto naturale, in quanto ha predicato la guerra
contro gli infedeli, mentre Gesù ha distinto il Regno di Dio da ogni regno
terrestre nel dire “il mio Regno non è di questo mondo”, e aggiungendo che
bisognava “dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”,
negando la possibilità di uno Stato teocratico quale invece è predicato nel
Corano, che è la vera fonte dell’integralismo. In sostanza, se soltanto il
Vangelo è verità metaculturale, le altre religioni sono soltanto culture, con
cui non è possibile incontrarsi senza privarle di ciò che ad esse è essenziale.
Papa Wojtyla ha soprattutto omesso di considerare che appartiene alla
tradizione storica del cristianesimo il diritto naturale, pur interpretato in
senso antropocentrico.
Il crocifisso, in questo senso,può essere spogliato del suo significato
religioso ed assurgere a simbolo di uno Stato laico,
nella distinzione tra
morale e diritto, mentre il velo islamico è chiaramente simbolo di una
religione che vorrebbe imporre a tutti le sue norme morali. [2]
Il velo islamico non può, dunque, essere
tollerato entro le istituzioni di uno Stato laico. Ha scritto S. Paolo (Epistola ai Romani, 13, 1-7): “Ogni
persona sia sottoposta alle autorità superiori, perché non vi è autorità se non
da Dio; e le autorità che esistono sono ordinate da Dio; talché chi resiste
all’autorità si oppone all’ordine di Dio…Il magistrato è un ministro di Dio per
il tuo bene; ma se fai quel che è male, temi, perché egli non porta la spada
invano…Perciò è necessario stare soggetti, non soltanto a motivo della punizione,
ma anche per motivi di coscienza”. Pertanto uno Stato veramente laico non si
fonda sulla libertà di religione, ma sulla libertà dalla religione.
[1]Del Corano si
può formare un ampio florilegio contenente tutte le frasi che predicano la
violenza armata, a documento della falsità della tesi di un Islam moderato, che
sarebbe un falso Islam, per cui il terrorismo è conforme al dettato del Corano.
Basterà riportare quanto viene comandato
contro coloro che non si convertono. “Quanto a quelli che rifiutan la Fede
(islamica) , li punirò di pena violenta in questo mondo e nell’altro…Chiunque
desideri una religione diversa dall’Islam, non gli sarà accettata da Allah…Verrà
posto un marchio di infamia dovunque li troveremo…Non sceglietevi come intimi
amici persone estranee alla Fede…Getteremo terrore nel cuore degli infedeli…Il
Messaggero di Allah (Maometto) vi chiamava a combattere, e quelli che si trassero
indietro fu Satana a farli cadere…E’ Allah che vi fa vivere e uccide… E non chiamate morti coloro che sono stati
uccisi sulla via di Allah, anzi vivi sono, nutriti della grazia presso il
Signore…Coloro che combatterono e furono uccisi li farò entrare nei Giardini
(in Paradiso)” (Sura III).“Se alcune
delle vostre donne avran commesso atti indecenti, chiudetele in casa finché le
colga la morte…Gli uomini sono preposti alle donne, perché Allah ha preposto
alcuni esseri sugli altri…Quelle donne di cui temete atti di disobbedienza,
ammonitele, poi lasciatele sole nei letti, poi battetele…Combattano sulla via
di Allah coloro che volentieri cambiano la vita terrena con l’Altra, ché ucciso o
vincitore gli daremo mercede immensa…Combattete gli alleati di
Satana…Prendeteli e uccideteli dove li trovate, ma non prendete patroni né
alleati fra loro…Non vi stancate di inseguir quella gente”(Sura IV). “O voi che
credete! Non prendete i giudei e i cristiani come alleati.” (Sura V). “Io
getterò il panico nel cuore dei miscredenti. Percuotete, percuotete loro le
cervici, percuotete e spezzate loro ogni dito…Allah nel castigare è violento…ma
non voi li uccideste, bensì Allah”(Sura VIII). “Chiunque ucciderà una persona che
non abbia ucciso un’altra o portato la
corruzione sulla terra, è come se avesse ucciso l’umanità intera”. (Sura
V). La malafede ha sempre indotto la propaganda islamica in Occidente e quella
dei politici occidentali, fautori del dialogo con l’Islam (come, per esempio,
in Italia, il cattolico udc Follini), ad omettere l’inciso “o portato la
corruzione sulla terra”. E poiché l’Occidente porta la corruzione sulla Terra,
“la ricompensa per coloro che si danno a corrompere la Terra è che essi saranno
massacrati, o crocifissi, o amputati delle mani e dei piedi dai lati opposti, o
banditi dalla terra…eccetto quelli che si pentiranno prima che voi vi
impadroniate di loro” (Sura V). Questa è la migliore risposta per coloro che
propagandano per malafede o per
ignoranza l’immagine di un Islam come
religione di pace. Un Islam moderato è un falso Islam. La radice
del terrorismo è nello stesso Corano.
E’
incredibile che una simile religione possa trovare dignità di riconoscimento in
Occidente, considerando che in Italia, per esempio, l’autore del Corano, se
avesse scritto oggi tale testo, dovrebbe stare in galera perché perseguibile
secondo il Codice penale per “concorso nel reato”(art.110) e “istigazione a
delinquere” (art. 414), sino all'omicidio di massa. Il Corano, inoltre,
contrasta con l’art. 8 della Costituzione italiana, che richiede che “le confessioni religiose…non contrastino
con l’ordinamento giuridico italiano”. Il Corano è un testo contrario agli
ordinamenti giuridici della tradizione occidentale. Un vero islamico non dovrebbe
poter avere residenza, e ancor meno
cittadinanza, in Occidente. E invece è
stata permessa in Occidente la
predicazione ufficiale del Corano
in un gran numero di moschee, per di più con i finanziamenti dell’Arabia
saudita, che, alleata degli Stati Uniti, ha il peggiore regime politico di
tutta la Terra, essendo espressione di uno Stato teocratico retto da una monarchia
assoluta che è la negazione totale dei diritti umani. Ed è ancor più scandaloso
che in Italia un ministro dell’interno
abbia proposto una consulta degli islamici italiani, promuovendo la confusione
tra morale e diritto e contravvenendo ai principi di uno Stato laico, che deve
ignorare qualsiasi religione, tollerabile
nella vita privata sino a quando non sia in contrasto con le leggi dello
Stato laico. Un islamico moderato è soltanto un falso islamico, che mette in
atto la regola coranica della dissimulazione per gli islamici che risiedano in
Paesi non islamici. In ogni islamico vi è un potenziale terrorista.
[2]Proprio alla
luce della distinzione tra morale e diritto
non si giustifica la possibilità di attribuire l’otto per mille delle
tasse alle organizzazioni religiose, sottraendolo anticostituzionalmente a
coloro che lo attribuiscono allo Stato, cioè a tutti, senza averne un ritorno
da chi lo attribuisce alle istituzioni religiose. Viene a mancare la
reciprocità dei diritti e dei doveri. In alternativa chi lo attribuisce allo
Stato dovrebbe tenersi per sé l’otto per mille. Né si giustifica
“l’obbligo reciproco alla fedeltà” nel
matrimonio (art. 143 del Codice Civile), non essendo l’infedeltà un reato.
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