Dal mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica (2005) 
Il parlamento
        europeo, pur
        contro la volontà del partito di maggioranza assoluta dei non
        votanti, a cui
        appartiene chi scrive, ha confermato l’immagine di un’Europa
        burocratica[1]
        e senza anima, pacifista a senso unico e senza esercito, che ha
        voluto
        rinunciare a far valere il riferimento storico alle origini
        greco-romano-cristiane del diritto naturale piegandosi, nella
        stesura della
        Costituzione,[2]
        ad
        un compromesso 1) con il multiculturalismo laicistico; 2) con la
        potente
        presenza, pur trascurabile quantitativamente, degli ebrei, che
        non potevano
        ammettere un riferimento alle origini cristiane dell'Europa; 3)
        con la diffusa
        presenza di islamici in Europa, dimenticando che l’Islam, nemico
        dello Stato
        laico, nella storia europea rappresentò sempre un corpo
        culturalmente estraneo,
        prima a causa dell’invasione araba, poi a causa dell’invasione
        turca
        dell’Europa, che ancor oggi ne subisce le conseguenze con la
        presenza di una
        popolazione mussulmana nei balcani, e oggi a causa
        dell’immigrazione, mentre la
        Turchia ringrazia l’Europa, nel suo aspirare a diventarne parte,
        per averle
        offerto un pasticcio di Costituzione che le consentirà di
        invadere nuovamente
        l’Europa, facendosi ponte dell’islamismo internazionale e del
        terrorismo. Il
        frutto di ciò è la formula contenente un vago, confuso e
        pericoloso riferimento
        ad una “cultura umanistica e religiosa” dell’Europa, buona anche
        per l’Islam,
        che si vede riconosciuto in tal modo il “merito” storico di
        avere invaso
        l’Europa sino alle porte di Vienna e di avere posto termine, con
        la conquista
        di Costantinopoli (1453) - trasformando tutte le chiese in
        moschee - all’impero
        greco-cristiano di Bisanzio, erede dell’impero romano d’Oriente.[3]
        E’ augurabile che gli Stati dell’“Unione Europea” non vengano
        singolarmente
        defraudati della necessaria ratifica referendaria di una farsa
        di Costituzione
        europea, in modo che il suo certificato di nascita del 18 giugno
        2004 trovi
        presto il suo certificato di morte.[4] Ed è augurabile che l’Austria, non dimentica di essere stata
        l’ultimo
        baluardo contro l’invasione turca, non desista dall’opporsi
        all’ingresso della
        Turchia in Europa. L’Europa si trova oggi sequestrata da una
        banda di burocrati
        dittatori che decidono come se i popoli non esistessero. Nella
        loro follia credono
        che basti una Costituzione turca che salvi la facciata per
        cancellare una
        società turca che rimane culturalmente islamica e con una buona
        parte di essa
        dichiaratamente antieuropea per tradizione storica, pronta ad
        invadere l’Europa
        facendosi, più facilmente che in Turchia, ponte
        dell’internazionalismo
        islamico. La Turchia vuole entrare in Europa? Che prima
        riconosca ufficialmente
        le radici greco-romano-cristiane dell’Europa. Poi si vedrà se la
        Turchia sarà
        ancora disposta a chiedere l’ingresso in Europa.  
    
  L’unione burocratica dei
        popoli europei,
        espropriati di una loro cittadinanza, che non può essere
        sostituita da un
        fantasma di cittadinanza superiore, puramente artificiale,
        esporrà l’Europa ad
        infiltrazioni immigratorie che ne corroderanno la stessa
        esistenza, perché non si
          può ricavare una grande anima dalla
          somma di più anime. Per di più si vorrebbe aggiungere
        all’Europa
        un’anima turca.!!! Il risultato sarà, invece, la mancanza di una
        grande anima,
        del cui vuoto potranno approfittare tante anime, povere ma
        forti, che sono
        mosse dalla convinzione di appartenere ad una grande anima,
        l’Islam, con cui
        premere sull’Europa allo stesso modo in cui fecero le
        popolazioni barbariche
        premendo sui confini dell’impero romano, segnandone la fine,
        mentre i Romani
        credevano di aver comprato da essi la pace accettandoli dentro i
        loro confini. Fu l’inizio della loro rovina, come rilevò Montesquieu (Considerazioni sulle cause della grandezza dei Romani
          e della loro
          decadenza, 1734, cap. 18).  
        
    
[1]L’imposizione
            burocratica dell’euro non ha tenuto conto del fatto che la
            moneta deve
            riflettere la forza dell’economia di uno Stato. 
            Pertanto si è avuto in molti Stati, come l’Italia, un
            aumento dei prezzi
            per la legge economica che porta ad un adeguamento del costo
            della vita a
            quello degli Stati aventi un’economia 
            più forte e, pertanto, un costo della vita più alto.
            Questo era già
            successo dopo l’unità d’Italia, quando i prezzi delle
            regioni meridionali si
            adeguarono a quelli più alti delle regioni del Nord.  
[2]Nella
            precedente Carta dei
              diritti fondamentali
            (9 dicembre 2000) erano stati confusi con i diritti
            fondamentali (da cui
            discendono solo i doveri perfetti) i diritti economici e
            sociali (che sono
            convenzionali) e i  valori
            morali come la
            solidarietà.   
[3]In
            un’interrogazione parlamentare del 29 settembre 2004 il
            deputato della Lega
            Nord Andrea Gibelli ha detto: “ L’Islam è la religione della
            Turchia e il suo
            diritto si chiana shari’a. La Turchia sarà il Paese più
            grande della Comunità
            Europea e in termini di popolazione sarà come la Francia e
            l’Italia messe
            insieme. La gente per le strade ci chiede di non fare
            entrare la Turchia in
            Europa”. Il ministro Giovanardi ha risposto: “Il Consiglio
            europeo del dicembre
            del 1997 del Lussemburgo si è rivelato un fattore propulsivo
            che ha spinto Ankara
            ad intraprendere un intenso programma di riforme per
            adeguarsi ai criteri
            politici di Copenaghen. Il parlamento europeo lo scorso
            marzo ha riconosciuto
            questo progresso. Bisogna prendere atto che il governo
            Erdogan ha saputo
            affrontare problematiche estremamente sensibili che per
            decenni sono state
            considerate intoccabili nella cultura politica della Turchia
            contemporanea,
            quali la riduzione del ruolo politico dei militari,
            l’ampliamento della tutela
            della libertà di stampa, le associazioni di opinione, il
            riconoscimento dei
            diritti culturali delle minoranze etniche, l’abolizione
            della pena di morte e
            dei tribunali speciali per la sicurezza dello Stato,
            l’introduzione del
            principio di parità tra uomo e donna. In questo quadro va
            registrata anche la
            recente approvazione da parte del parlamento turco della
            riforma del codice
            penale e delle leggi sulla procedura giudiziaria,
            sull’istituzione delle corti
            regionali. Un ulteriore segnale positivo proviene dalla
            scarcerazione di una
            parlamentare di origine kurda che era stata sollecitata
            dalla Comunità Europea.
            Recenti contatti con l’esecutivo comunitario hanno
            confermato un atteggiamento
            in linea di principio favorevole alla candidatura turca. Per
            la stesura finale
            del rapporto e della raccomandazione del Consiglio bisognerà
            attendere l’esito
            del dibattito in seno alla Commissione, dove, come è noto,
            non mancano opinioni
            discordi e contrarie. Il governo italiano nutre
            l’aspettativa che l’esito del
            dibattito al Consiglio europeo di dicembre possa essere
            equilibrato e positivo
            pur nella consapevolezza che vi sono Paesi europei che hanno
            forti riserve
            sulle prospettive dell’adesione turca all’Unione. Il governo
            italiano in
            presenza di un parere sfavorevole della Commissione si
            orienterebbe a dare il
            proprio assenso all’apertura di negoziati e all’indicazione
            di una data per
            l’avvio dei medesimi. Va comunque sottolineato con grande
            chiarezza che non
            appare possibile allo stato attuale pronunciarsi sui tempi
            di conclusione di
            questo negoziato, che, ad ogni modo, durerà diversi anni. E’
            evidente, infine,
            che, una volta conclusi i negoziati, il relativo trattato di
            adesione verrà
            sottoposto alla ratifica degli Stati membri secondo le
            rispettive procedure
            costituzionali. Il governo italiano continuerà ad impegnarsi
            nella sua attività
            di stimolo ed incoraggiamento al rigoroso rispetto da parte
            di Ankara dei
            criteri di Copenaghen in un’ottica che confermi
            l’irreversibilità del processo
            riformatore intrapreso. Tali prospettive ci appaiono
            ragionevoli in alcune
            recenti proposte della Commissione volte ad inserire in
            tutti i futuri
            negoziati la possibilità di sospendere in qualsiasi momento
            i negoziati
            nell’ipotesi di violazione dei criteri di Copenaghen e di
            procedere alla
            chiusura dei singoli capitoli negoziali solo dopo avere
            verificato l’effettiva
            attuazione da parte del Paese candidato degli impegni
            assunti. Paese  che
            fa parte della NATO  e
            che finora ha costituito, al di là
            della  possibile,
            eventuale o futura  adesione
            all’Unità Europea, uno dei capisaldi
            (sic!) per frenare l’integralismo e il fondamentalismo
            islamico e quindi uno di
            quei Paesi musulmani che più hanno contribuito a
            stabilizzare la regione e  anche
            a rendere fattiva e vincente la sfida
            del terrorismo fondamentalista”.  
Gibelli ha replicato:
            “L’Europa non può
            essere un ‘Europa di tecnocrati che si riferiscono
            esclusivamente al codice
            penale. L’Europa deve diventare una comunità identitaria,
            dove vi è una cultura
            di riferimento, e la Turchia non è un Paese di tradizione
            laico-cristiana.
            Quattro ragazze turche sono annegate e i propri compagni di
            scuola non le hanno
            salvate perché rischiavano di essere contaminati. Questo è
            un fatto culturale.
            Le persecuzioni di oggi, non di 1400 anni fa, alle minoranze
            cristiano-ortodosse e cristiano-armene in Turchia sono un
            fatto
            politico-culturale,  non
            sono un fatto
            affidato ai codici penali di questi Paesi. Debbo constatare
            che l’Europa non
            vuole essere una comunità composta da Stati che identificano
            un perimetro
            culturale definito e mi spiace che dopo 500 anni dalla
            battaglia di Lepanto il
            primo Paese d’Europa (per  popolazione:
70
            milioni) sarà la Turchia con questo ingresso, e vi è il
            rischio che l’Europa
            diventi un’appendice della penisola anatolica compiendo ciò
            che non è successo
            nel 1571. Bisogna sottoporre il giudizio al popolo, al
            referendum. Giscard
            d’Estaing  ha detto
            che con l’ingresso
            della Turchia in Europa sarà la fine del continente e la CDU
            tedesca ha
            individuato un’altra strada. Il nostro Paese sta compiendo
            un errore storico e
            sarà la gente attraverso il referendum a decidere se la
            Turchia entrerà nella
            Comunità Europea”. 
Gibelli
            ha omesso di dire che proprio la richiesta europea di
            riduzione del ruolo dei
            militari, insieme con il riconoscimento dei “diritti
            culturali” delle minoranze
            etniche, in cui si annidano le spinte verso l’integralismo
            religioso, è la
            premessa di un rafforzamento dell’islamismo nello Stato
            turco, la cui
            costituzione laica, voluta da Kemal Ataturk, che vietò il
            velo negli uffici
            pubblici, è stata garantita proprio dai militari. Una
            democrazia  non
            controllata dai militari, come dimostra
            l’Algeria, sarebbe lo strumento per la trasformazione della
            Turchia in una
            repubblica islamica, secondo le leggi della shari’a (o legge
            coranica). Non
            esistono dunque in Turchia le condizioni storiche di una
            democrazia fondata sui
            principi di uno Stato laico senza il controllo dei militari.
            E pertanto non
            esistono le condizioni di un suo ingresso nell’Unione
            Europea. La cultura
            islamica, con i suoi relativi costumi, è più forte di una
            Costituzione laica,
            non sufficiente ad arginare le credenze religiose
            dell’Islam. E l’islamismo
            turco sarebbe il ponte di ingresso in Europa dell’islamismo
            internazionale.         
[4]Si noti come
            nella cultura europea del disarmo intellettuale il termine
            “crociate” abbia un
            significato negativo. Come se le crociate non avessero avuto
            il compito di
            riacquisire all’Occidente le terre invase dagli arabi. Con
            totale insipienza
            l’Europa e gli Stati Uniti, pur senza averne titolo, hanno
            bombardato la Serbia
            che, bastione storico contro l’islamismo, 
            non voleva che una sua regione, il Kossovo,
            diventasse indipendente nelle
            mani degli islamici albanesi, a favore dei quali si è mossa l’insipienza
            sconsiderata dell’allora segretaria di Stato americana, che
            aveva
            arbitrariamente, non avendone titolo, promesso
            l’indipendenza al Kosoovo. Da
            qui la giusta reazione della Serbia Gli islamici europei
            sono un nemico
            interno dell’Europa, sentendosi 
            piuttosto islamici che europei. Essi sono il ponte in
            Europa
            dell’islamismo internazionale finanziato dall’Arabia
            saudita.    
 
1 commento:
Ha visto professore? Dopo aver abbattuto scientemente un aereo militare russo e dopo che è stato ammazzato per strada l'avvocato del pkk, la Turchia ha ricevuto "in premio" 3 miliardi di euro (ad aumentare) per gestire l'emergenza profughi e con l'impegno, sempre da parte dell'Europa, di accelerare il processo di annessione all'unione. Capito?? Soldi a valanga per la gestione profughi in mano a Erdogan e oltre 70 milioni di mussulmani che vogliono entrare a far parte dell'Europa, agevolati dai nostri stessi burocrati! Mamma li turchi!
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