Jean
Meslier (1664-1729), che per tutta la vita fu un canonico di campagna,
apparentemente dedito unicamente al compimento del suo ufficio
pastorale, è un caso unico nella storia perché egli, in realtà, fu
per tutta la vita un ateo che ritenne sempre che la religione fosse
soltanto un cumulo di menzogne. Soltanto dopo la sua morte fu trovato
il Testamento1
di circa mille pagine, dove si dice che
l’inferno esiste soltanto sulla terra. Egli rimase famoso per la
frase che dice: “ Che tutti i grandi della terra e tutti i nobili
siano strangolati con le budella dei preti”. Egli considera la
follia umana che ha attribuito a Dio l’abitudine di sacrificargli
esseri innocenti quali sono gli animali, e passa in rassegna vari
libri del Vecchio Testamento. Il suo bersaglio preferito sono i
cartesiani per “la ridicola opinione, massimamente perniciosa,
detestabile dottrina che tende manifestamente a soffocare nel cuore
degli uomini tutti i sentimenti di bontà, di dolcezza e di umanità
che potrebbero avere per questi poveri animali”. Contro la tesi
cartesiana che la materia non implichi di per sé il movimento e che
esso sia stato aggiunto da Dio, Meslier afferma che il movimento è
una proprietà della materia, di cui sono fatti gli uomini e gli
altri animali. “Il pensiero non è un essere autonomo e assoluto,
ma solo una modifiazione, un’azione vitale dell’essere che
pensa...Bisogna dire necessariamente la stessa cosa della vita
corporea, sia di quella degli uomini, sia di quella degli animali e
delle piante.”2
Da qui l’esigenza di un ordine di giustizia che si estenda a tutti
i viventi, perché il diritto di non soffrire non può essere
soltanto dell’uomo: “Benedette siano le nazioni che trattano
benignamente e favorevolmente gli animali, che compatiscono le loro
miserie e i loro dolori. Maledette siano le nazioni che li trattano
crudelmente, che li tirannizzano, che amano spargere il loro sangue,
che sono avide di mangiare la loro carne”.3
Voltaire
ebbe conoscenza dell’opera di Meslier e ne pubblicò un breve
estratto nel 1762 in funzione antireligiosa, ma preoccupandosi anche
di non citare alcuna delle frasi in cui Meslier faceva appello ad una
rivoluzione sociale. Voltaire scrive in
Le philosophe ignorant:
“ E’ fuor di dubbio che un cane da caccia ha l’idea del suo
padrone quando gli obbedisce e l’idea della selvaggina che gli
porta. Quindi, se il pensiero dell’uomo è in pari tempo l’essenza
della sua anima, il pensiero del cane è parimenti l’essenza sua;
e, se l’uomo ha sempre idee, è necessario che anche gli animali ne
abbiano sempre”.4
In
questo modo Voltaire ritorceva contro Cartesio l’identificazione
dell’essenza dell’uomo con il suo pensiero, trasformato in
sostanza pensante. Nel Dizionario
filosofico (alla voce
bestie) Voltaire
scrive: “Che vergogna, che miseria, aver detto che le bestie sono macchine
prive di conoscenza e di sentimento, che fanno sempre tutto ciò che
fanno nella stessa maniera, che non imparano niente, non si
perfezionano I barbari uomini prendono questo cane che suol vincerli
così facilmente nell’amicizia: lo inchiodano su una tavola e lo
sezionano vivo per mostrarti le vene mesenteriche. Tu scopri in lui
gli stessi organi di sentimento che sono in te. Rispondimi, o
meccanicista, la natura ha dunque combinato in lui tutte le molle del
sentimento affinché egli non senta? Il cane ha dei nervi per essere
impassibile? Non fare più di queste balorde supposizioni...Le
anime degli animali sono forme sostanziali,
ha detto Aristotele...Le
anime delle bestie sono materiali,
gridano altri filosofi. E questi non hanno avuto più fortuna degli
altri...Ascoltate qualcun’altra di queste bestie che ragionano
sulle bestie: la loro anima è un essere spirituale, ma che muore col
corpo. E che prova ne avete? ...Ma le bestie più grosse son stati
quelli che hanno sostenuto che l’anima animale non è corpo né
spirito. Questo è un bel sistema! Noi non possiamo intendere come
spirito se non qualche cosa di ignoto che non è corpo: così il
sistema di questi signori si riduce a questo, che l’anima delle
bestie non è corpo, e neppure qualcosa che non sia un corpo. Quale
può essere la causa di tanti errori così contrastanti? L’abitudine
che hanno sempre avuto gli uomini di mettersi a esaminare che mai sia
una certa cosa prima di appurare se quella tal cosa esista”.
Voltaire si scagliò contro i barbari giansenisti di Port-Royal
(agostiniani), di cui faceva parte Pascal, che crocifiggevano i cani su una tavola di legno
praticando la vivisezione per vederne le vene, convinti
cartesianamente che essi fossero soltanto macchine.
Nel
1772 in Il faut
prendre un parti ou du Principe d’action
5
Voltaire scrive: “C’è forse qualcosa di più abominevole del
nutrirsi continuamente di cadaveri? Eppure, io non vedo tra noi
nessun moralista, nessuno dei nostri loquaci predicatori, nessuno
nemmeno dei nostri Tartufi, che abbia mai fatto la minima riflessione
su quest’orrenda abitudine, divenuta in noi natura. Bisogna
risalire sino al buon Porfirio, ai compassionevoli pitagorici, per
trovare qualcuno che abbia cercato di farci vergognare della nostra
cruenta ghiottoneria; oppure bisogna recarsi tra i brahmani. Infatti
i nostri monaci, costretti dal capriccio dei fondatori dei loro
ordini, a rinunziare alla carne, sono assassini di sogliole e di
rombi, quando non lo sono di pernici e di quaglie. E né tra i monaci
né nel Concilio di Trento né nelle nostre assemblee del clero né
nelle nostre accademie si è mai pensato di chiamare un male quella
carneficina universale. Nei concilii non vi si è mai pensato più
che nelle taverne”.
1
Testamento, Rimini
1972. L’edizione completa è nei tre volumi delle Oeuvres
Complètes, Editions
Anthropos, Paris 1970.
2
Testamento,
op. cit. pp. 234 sgg.
3
Oeuvres,
op. cit. t. I, p. 205.
4
Voltaire, Opere,
Laterza, vol. II, p. 509.
1 commento:
Non sapevo che Voltaire fosse vegetariano (almeno così sembra dalle sue frasi citate). Ciò me lo rende ancora più simpatico essendo da sempre un volterriano (ma con qualche riserva, preferisco il barone d'Holbach).
Quanto a Meslier ci sarebbe da ridire. Ha infatti ingannato tutta la vita i suoi parrocchiani. Ciò che dice è sacrosanto, ma doveva spretarsi. Ovviamente anche lui doveva vivere in qualche modo, e anche se non teneva famiglia (almeno ufficialmente) la congrua o l'elemosina che davano ai preti gli conveniva. Dunque un opportunista. Ma lo stesso mi sta simpatico per quel che ha scritto. Tre secoli dopo dobbiamo vedercela con gli atei devoti (che non credono un piffero delle verità di fede, ma si dicono comunque cattolici come Sgarbi). Anche Fellini era profondamente cattolico. Anche Pasolini. Fottono tutti alla grande ma - come dicevano bene Croce e Bertrand Russel - "non possiamo non dirci cristiani". Invece a me Gesù non piace, è un sadico, altro che misericordioso.
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