mercoledì 17 luglio 2019

ANDREA CAMILLERI:FU VERA GLORIA? AI POSTERI NON ARDUA SENTENZA

L'emozione di fronte alla morte cancella i reali meriti. Può costui meritare di passare alla storia della letteratura italiana? Un manuale di storia della lettaratura italiana dovrebbe escluderlo. Giuseppe Ungaretti ed Eugenio Montale gli avevano consigliato di continuare a scrivere poesie, avendo apprezzato quelle poche che aveva scritto da giovane. Egli rifiutò perché con la poesia (con la cultura) non si mangia. E lui aveva bisogno di mangiare non con la cultura ma con il successo di romanzi gialli. Con i gialli si mangia. Chi si ricorda oggi del giallista Giorgio Faletti? Quasi nessuno. In vita godette di grande fama, ormai morta nonostante lo stia citando. E così sarà di Camilleri. Il cui successo è dovuto unicamente alla TV che ricavò dai sui gialli la scialba figura di Montalbano. Leonardo Sciascia rifiutò che facesse parte delle sue amicizie in campo letterario perché non riusciva a concepire che uno si inventasse una lingua pasticciata con il pasticcio tra italiano e siciliano. Il Camilleri si è vantato di avere scritto più di cento libri. Come può un serio scrittore vantarsi di aver scritto cento libri incominciando a scrivere romanzi a 53 anni? E' risultato che nessuno abbia il valore di capolavoro che si distingua da tutti gli altri. E infatti sembrano fatti in serie, in una catena di montaggio. I suoi critici (oggi De Cataldo) giustamente hanno detto che i suoi romanzi sono ripetitivi, privi di genialità. Marcello Sorgi (La Stampa) l'ha definito un cantasorie. Lo stesso Camilleri ha dichiarato che basta leggere Dostoevskij per sapere quale abisso vi sia tra lui e Dostoevskij. Con ciò ha riconoscuto la sua assoluta povertà di pensiero. Se era conscio della sua mediocrità perché continuava a sfornare romanzi più di uno all'anno? Per fare soldi. "Ma non è una cosa seria", direbbe Pirandello. Se non vi sono nei suoi romanzi (nemmeno in quelli che non sono gialli) considerazioni profonde sulla vita, su i suoi significati  e sulla dicotomia tra il bene e del male, da cui può trarsi una concezione della giustizia, è tempo perduto leggere questa robaccia. Io ho presente il Manzoni che giunse a grande fama scrivendo un solo romanzo, per cui impiegò circa 20 anni prima di arrivare alla stesura finale, capolavoro della letteratura italiana così grande da essere incluso come programma di studio nelle scuole. Chi più scrive meno ha da dire. I suoi romanzi non sono nemmeno romanzi storici di ampio respiro. Ho presente I vicerè di De Roberto, libro che fu stroncato dalla critica di Benedetto Croce, e che oggi è stato giustamente rivalutato surclassando il famoso Il Gattoppardo  di Tomasi da Lampedusa, a cui bastò scrivere questo unico romanzo per diventare un classico del romanzo storico. All'inizio nessun editore era disposto a pubblicarglielo. Al Camilleri toccherà il contrario. Dopo il successo in vita dovrà giustamente cadere nel dimenticatoio come scrittore potendo aspirare ad essere ricordato (ma sino a quando?) solo per le apparizioni in TV del Montalbano. Notare che, nonostante il successo nelle vendite (che non bisogna confondere con quello letterario), non gli venne mai assegnato un premio letterario in campo nazionale.  Vi è nella letteratura italiana un esempio, rimasto classico, di uso di vari livelli di linguaggio, con l'uso dei dialetti, funzionali però al parlare dei vari personaggi, che non potevano di certo parlare un italiano letterario. Mi rifersco a Quer pacciaccio brutto de via Merulana, di Carlo Emilio Gadda (che dopo avere lavorato come ingegnere, essendo laureato in ingegneria elettronica, ed essere giunto alla soglia di una laurea in filosofia, a cui inspiegabilmente rinunciò pur avendo preparato la tesi di laurea, rinunciò anche alla professione di ingegnere per dedicarsi alla scrittura).  Dato assolutamente caratteristico dell'opera di Gadda è il particolare linguaggio utilizzato, un virtuosismo linguistico e sintattico, basato sull'uso di più livelli di scrittura (dal dialetto popolare alla descrizione con echi manzoniani, dai termini arcaici fino alla pura invenzione di vocaboli). Ma tutto ciò al fine di riflettere la complessità della realtà. Detto "pasticciaccio", secondo l'occhio disilluso di Gadda, rappresenta l'agglomerato di linguaggi e comportamenti, orrori e stupidità, della società italiana.  Nulla di tutta questa complessità della realtà, a cui si adegua il linguaggio, che va dal popolare alle riminiscenze manzoniane, può trovarsi nell'uso del siciliano, usato e appiccicato fuori luogo solo per esibizione ossequiosa nei confronti della natia Sicilia.    
Sul piano politico Camilleri merita solo disprezzo. Non ebbe mai alcun successo politico pur essendo comunista. Tra le sue ultime dichiarazioni ebbe ad urlare che i porti debbono rimanere aperti ed accoglienti dovendo mirare all'integrazione. Che cosa ci si poteva aspettare di peggio da un individuo simile? Egli merita il premio della mediocrità nonostante le numerose lauree honoris causa, non essendo riuscito a conseguirne una vera ponendo il culo sulla sedia per studiare e dare esami.    
E pensare che Camilleri nel 1947 (aveva 22 anni) fu uno di quelli che scortarono l'urna comprendente le ceneri di Pirandello da Palermo ad Agrigento, dopo che le ceneri erano arrivate in treno da Roma. E fu proprio Camilleri a superare l'ostacolo che aveva frapposto il vescovo di Palermo alla prosecuzione del viaggio in treno delle ceneri verso Agrigento. Infatti Camilleri ebbe l'idea di chiudere il vaso delle ceneri dentro una bara per superare l'abitato di Palermo, per poi liberare il vaso delle ceneri dalla bara una volta superata Palermo. Camilleri sapeva che Pirandello aveva simpatizzato subito per il fascismo sin dalla fondazione dei Fasci italiani di combattimento nel 1919 e che era rimasto per tutta la vita fascista giungendo nel 1924 a domandare con un telegramme a Mussolini l'iscrizione al Partito Nazionale Fascista nonostante nello stesso anno fosse avvenuto il delitto Matteotti. E Mussolini nel 1929 nominò Pirandello accademico della neocostituita Accademia Reale d'Italia.                     

2 commenti:

bambilu ha detto...

avevo scorso in Feltrinelli un suo libro di cui mi piaceva la copertina in blu...
Preerivo le fiction in tv. Poi troppi rometti in giro, ho mollato anche perché tutte repliche. Ora mi stanno tutti sul gioiello...ni i regghe chiù...i miei antenati non hanno campato tanto quindi me ne sbatto...

Anonimo ha detto...

È piuttosto patetico che il Camilleri venga lodato soltanto perché i suoi libri, ed ancor di più la serie televisiva ispirata a quest'ultimi, sono un grosso successo mediatico. Se il successo mediatico sentenziasse davvero con obiettività il grado di qualità di un dato prodotto, allora la lurida, becera, schifosissima serie televisiva 'Gomorra' sarebbe da giudicare un capolavoro, ma, naturalmente, così non deve essere.
Bach (il più grande compositore di tutti i tempi, oltreché il mio compositore preferito) e Vivaldi (il più geniale compositore italiano) morirono quali sconosciuti, eppure costoro furono menti rare e brillantissime. Scrivo ciò per dire che occorre non avere conto in alcun modo del successo mediatico quando dinanzi vi sono folle ignoranti (Kierkegaard sosteneva che le folle sono sempre tali, ossia ignoranti), e per di più felici di sguazzare nella loro ignoranza, nella loro limitatezza.
Dunque, è morto Camilleri: scrittore qualitativamente irrilevante, scarso, scadente.