Da mio libro Io non volevo nascere. Un mondo senza certezze e senza giustizia. Filosofi odierni alla berlina.
Premetto che fu un'odiosa strage tuttavia causata dalle bande partigiane che causarono, come al solito, altre rappresaglie, come quella di Marzabotto e delle Fosse Ardeatine, dove per "miracolo" non finì anche mio padre, che da ufficiale antifascista condannò sempre i vigliacchi attentatori di via Rasella.
Premetto che fu un'odiosa strage tuttavia causata dalle bande partigiane che causarono, come al solito, altre rappresaglie, come quella di Marzabotto e delle Fosse Ardeatine, dove per "miracolo" non finì anche mio padre, che da ufficiale antifascista condannò sempre i vigliacchi attentatori di via Rasella.
Prima di Marzabotto vi furono altre stragi, su cui,
considerando che esse furono attuate da un esercito tedesco che si apprestava
ad una ritirata, cade il fondato sospetto che, come per Marzabotto, esse
siano state la risposta ad azioni
proditorie dei partigiani. Non si spiega altrimenti il fatto che gli stessi tedeschi
avessero deciso di impiegare Sant'Anna di Stazzema come “zona bianca” per gli
sfollati da altri paesi. Non avrebbe avuto senso una simile protezione iniziale
di quella località per sottrarre la sua popolazione a teatri di guerriglia
partigiana. Ma evidentemente, come verrà riconosciuto, degli incoscienti
irresponsabili approfittarono della calma creatasi a Sant'Anna per creare dei
collegamenti con i partigiani causando la furibonda reazione tedesca. Ciò è
stato taciuto da chi ha voluto ricostruire storicamente i fatti riguardanti la
strage di Sant'Anna di Stazzema.[1]
“Ai primi di agosto 1944 Sant'Anna di Stazzema era
stata qualificata dal comando tedesco 'zona bianca', ossia una località adatta
ad accogliere sfollati: per questo la popolazione in quell’estate aveva
superato le mille unità. Inoltre, sempre in quei giorni, i partigiani avevano
abbandonato la zona senza aver svolto operazioni militari di particolare entità
contro i tedeschi. Nonostante ciò, all’alba del 12 agosto '44 tre reparti di SS
salirono a Sant’Anna, mentre un quarto chiudeva ogni via di fuga a valle, sopra
il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era circondato. Quando le SS
giunsero a Sant’Anna, accompagnati da fascisti collaborazionisti che fecero da
guide, gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati,
mentre donne vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in
quanto civili inermi, restarono nelle loro case.
In poco più di tre
ore vennero massacrati 560 innocenti, in gran parte bambini, donne e anziani. I
nazisti li rastrellarono, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case,
li uccisero con colpi di mitra e bombe a mano, compiendo atti di efferata
barbarie. La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva solo 20 giorni. Fu trovata,
ancora viva ma gravemente ferita, da una sorella miracolosamente superstite tra
le braccia della madre ormai morta. Morì pochi giorni dopo nell'ospedale
di Valdicastello. Infine il fuoco, a
distruggere e cancellare tutto. Non si trattò di rappresaglia. Come è emerso
dalle indagini della Procura Militare della Spezia, si trattò di un atto
terroristico, di una azione premeditata e curata in ogni minimo dettaglio.
L'obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per
rompere ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane
presenti nella zona.
La ricostruzione degli avvenimenti,
l’attribuzione delle responsabilità e le motivazioni che hanno originato
l’eccidio sono state possibili grazie al processo svoltosi al Tribunale militare della Spezia e conclusosi nel 2005 con la condanna
all’ergastolo per dieci ex SS colpevoli del massacro; sentenza confermata in
Appello nel 2006 e ratificata in Cassazione nel 2007. Nella prima fase
processuale si è svolto, grazie al Pm Marco de Paolis, un imponente lavoro
investigativo, cui sono seguite le testimonianze in aula di superstiti, di
periti storici e persino di due SS appartenute al battaglione che massacrò
centinaia di persone a Sant’Anna. Fondamentale, nel 1994, anche la scoperta
avvenuta a Roma, negli scantinati di Palazzo Cesi, di un armadio chiuso e
girato con le ante verso il muro, ribattezzato poi “ Armadio della vergogna”,
poiché nascondeva da oltre 40 anni documenti che sarebbero risultati
fondamentali ai fini di una ricerca della verità storica e giudiziaria sulle
stragi nazifasciste in Italia nel secondo dopoguerra. Il 19 agosto, varcate le
Apuane, le SS si spingevano in comune di Fivizzano (Massa Carrara) , seminando
la morte fra le popolazioni inermi dei villaggi di Valla, Bardine e Vinca,
nella zona di San Terenzo. Nel giro di cinque giorni uccidevano oltre 340
persone mitragliate, impiccate, addirittura bruciate con i lanciafiamme. Nella prima metà di settembre, con il massacro di 33 civili a Pioppetti di
Montemagno, in comune di Camaiore (Lucca), i reparti delle SS portavano avanti
la loro opera nella provincia di Massa Carrara. Sul fiume Frigido venivano
fucilati 108 detenuti del campo di concentramento di Mezzano (Lucca), e per
finire a Bergiola e a Forno. i nazisti facevano circa 200 vittime. Avrebbero
continuato la strage con il massacro di Marzabotto.”[2]
Di tali stragi fu considerato colpevole anche
Kesserling, comandante delle forze armate tedesche operanti in Italia. Egli
aveva provveduto a rendere pubblico, con manifesti, con volantinaggio aereo e
con comunicato radio che sarebbero stati fucilati coloro che avessero aiutato e
protetto i partigiani. Infine si annunciava: “ogni villaggio in cui sia provata
la presenza di partigiani...o nel quale siano avvenuti tentativi di sabotaggio
a depositi di guerra sia raso al suolo. Inoltre siano fucilati tutti gli
abitanti maschi del villaggio di età superiore ai 18 anni. Le donne e i bambini
saranno internati in campi di lavoro”.Fu la risposta a quanto il generale
Alexander, comandante delle forze alleate in Italia aveva proclamato
rivolgendosi alle bande di partigiani.“Assalite comandi e piccoli centri
militari! Uccidete i germanici alle spalle, in modo da sfuggire alla reazione
per poterne uccidere degli altri”.
Si può
dunque dire che le stragi culminanti in quella di Marzabotto andò oltre i
limiti che erano stati imposti dallo stesso Kesserling, che infatti non poté
essere riconosciuto colpevole degli eccessi compiuti, che non risparmiarono
donne e bambini. Ma lo stesso Diritto Militare Britannico, prevedendo la
rappresaglia quale “ritorsione per atti
illegittimi di guerra allo scopo di far osservare in futuro al nemico le
riconosciute leggi di guerra”, prevedeva anche “il ricorso alla rappresaglia
contro una località o una comunità per alcuni atti commessi dai suoi abitanti o
membri che non possano essere identificati”. E anche le regole di guerra degli Stati
Uniti prevedono che “villaggi o case possano essere bruciate per atti ostili
commessi da persone che non possono essere identificate, processate e punite”.
Questo principio, applicato nel Vietnam, portò a bruciare con bombe al napalm
interi villaggi.[3]
D'altra parte, fu forse un'azione di guerra il bombardamento della città di
Dresda,[4] rasa al
suolo tra il 13 e 15 febbraio 1945, quando esso non aveva più nemmeno il
significato di deterrente psicologico, considerando che ormai la guerra volgeva
verso la fine? Vi è anche da considerare che il bombardamento tedesco della
città di Coventry (11 agosto 1940) ebbe da prima obiettivi mirati, cioè le
industrie, al fine di distruggere l'aviazione inglese (e infatti fece solo 176
morti), mentre il secondo bombardamento (14 nov. 1940), con complessivi 1.236
morti, fu una rappresaglia dopo il bombardamento inglese di Monaco di Baviera
(8 nov. 1940), E che significato potevano avere i bombardamenti americani anche
sulla città di Roma e persino sulla Sardegna (in particolare su Cagliari), dove
non vi erano obiettivo militari? Come mai non esistono lapidi per i nomi di
tali vittime? Si dimentica anche che il bombardamento di Tokio causò più di
83.000 morti e che ben maggiori furono le vittime dei bombardamenti atomici su
Hiroshima e Nagasaki, espressione massima della violazione di ogni norma del
diritto internazionale di guerra. Strana guerra di liberazione quella attuata
da "liberatori" americani che bombardavano città senza alcun riguardo
per la popolazione civile. Valga come esempio per tutti il bombardamento di
Roma (quartiere S.Lorenzo). Si può dire tutto dei nazisti, ma essi ebbero
rispetto per le città e risparmiarono sempre i palazzi. Non vi è stato un
monumento, un'opera d'arte, un museo, che sia stato bombardato dai nazisti.
[1] Paolo
Pezzino, Sant'Anna di Stazzema. Storia di una strage, Il Mulino 2008.
[2] “La
strage di Sant'Anna di Stazzema”, da Wikipedia.
[3]V.di Giuseppe di Bella “Le rappresaglie dei nazisti in Italia:una
strage annunciata”(4 maggio 2009),
sito www.siciliainformazioni.com/giornale/cultura/50915/rappresaglia.
[4] V.“Dresda 1945-Un inutile massacro”(cronologia.leonardo.it/storia/a1945n.htm);“Dresda 1945:la barbarie”.(www.chefare.org/archivcf/cf52/dresda45html);“I crimini dei vincitori-I bombardamenti in Germania”
(ww.controstoria.it). Il numero dei morti è oggi valutato sui 40.000. Ma non
si tien conto del fatto che Dresda ( che nel 1939 aveva circa 630.000 abitanti)
era divenuta rifugio degli sfollati della Slesia e dell'Europa orientale, non
iscritti nei registri anagrafici. Da altri si è calcolato un numero di circa
200.000.
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