domenica 3 agosto 2014

IL CORANO: UN LIBRO DETTATO AD UNO SCRIBA DA UN PAZZO ANALFABETA PER I PAZZI. LE MOSCHEE DEBBONO ESSERE CONSIDERATE FUORILEGGE PERCHE' CONTRARIE AL NOSTRO ORDINAMENTO GIURIDICO

Questo è il mio commento lasciato ad un articolo del quotidiano IL FATTO.Inviato al sindaco di Milano (sindaco.pisapia@comune.milano.it).
A tutti gli ignoranti che non hanno mai letto il Corano: leggetene il mio florilegio (in data 20 ottobre 2009) nel mio blog pietromelis.blogspot.com. Oppure scrivete su Google: pietromelis il terrorismo nel Corano. Il Corano è un libro che è contrario al nostro ordinamento giuridico e a molti articoli del Codice Penale. Nessuno lo dice. E' un libro su cui si fonda la predicazione nelle moschee. Dove è di rigore parlare in arabo, la lingua cosiddetta sacra del Corano. Un vero islamico che crede letteralmente nel Corano dovrebbe essere condannato in base alla legge Mancino (istigazione all'odio religioso). Altro che chiedere libertà di culto! Massa di ignoranti o disonesti. Qui non si tratta di libertà di culto ma di libertà di predicare odio e violenza. Veri islamici sono i terroristi. Voi volete che l'Europa si trasformi in Eurabia (Oriana Fallaci). Siete degli sconsiderati, evidentemente appartenenti a questa falsa sinistra, che ha sostituito l'internazionalismo della classe operaia con il terzomondismo della società multirazziale e multiculturale, dove sembra che il Corano sia anch'esso cultura, mentre è un libro dettato ad uno scriba da un pazzo analfabeta per i pazzi. Gli arabi sono solo invasori pazzi. Perché pazzi debbono essere considerati coloro che credono che il pazzo Maometto, meglio di Harry Potter, abbia dato ad intendere di essere stato condotto da La Mecca sino a Gerusalemme volando su un cavallo alato ma con la testa di uomo di nome Buraq e sia salito in Paradiso da una piazza di Gerusalemme sempre stando seduto sul cavallo alato con testa di uomo per poi darne la descrizione nel Corano, essendo stato accolto da Allah che lo attedeva alle "porte" del Paradiso (Giardini). Poi ridiscese sulla piazza di Gerusallemme e tornò a La Mecca sempre volando su quel mostro di cavallo alato. E sulla base di questo racconto, che in fatto di fantasia non è inferiore a tutte le mitologie pagane, si ha nel Corano una descrizione del Paradiso che fa solo pisciare dal ridere per tutte le assudità descritte (riportate nel mio florilegio). Sulla base di questo racconto da pazzi gli islamici hanno sempre preteso che Gerusalemme (con tutta la Palestina) fosse terra araba. Qualcuno obietterà: non è forse da pazzi anche credere in Gesù risorto e assunto in cielo con tutto il corpo? In questo caso si deve avere una sana, perché tranquilla, pazzia, relativa ad una favola (tale per i non cristiani) che tuttavia non arriva alle assurdità ridicole del Corano. Infatti nei Vangeli non si ha la pretesa di descrivere il Paradiso. E soprattutto non si ha la predicazione della violenza, sino a richiedere nel Corano la crocifissione con amputazione delle mani e dei piedi per "coloro che corrompono la Terra"(sic!). E infedeli sono anche gli ebrei e i cristiani, tollerati solo come cittadini di serie B se disposti a pagare una tassa per mancata conversione. Essendo però severamente proibita con la pena di morte la conversione dall'islam ad altra religione.
Quanto segue è tratto da

"Il Viaggio del Profeta" | Christiane Gruber - Academia.edu

www.academia.edu/456956/_Il_Viaggio_del_Profeta_
Gli huris giocano sui cammelli e raccolgono fiori in Paradiso. econdo le fonti islamiche, ... Il Profeta Maometto, a cavallo del suo destriero alato con testa umana di nome .... Di qui, sale attraverso i Sette Cieli – ciascun Cielo ha un nome partico- .
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Il Profeta Maometto, a cavallo del suo destriero alato con testa umana di nome Buraq, viaggia dalla Mecca a Gerusalemme. posizione chiave nella letteratura islamica di carattere religioso e biografico. I racconti sull’ascensione – scritti in lingua araba, persiana e turca ma anche in latino, castigliano e francese antico – si moltiplicarono nel corso dei secoli e ancora oggi offrono delle testimonianze importanti sul grande successo riscosso da questa storia e sul ruolo da essa avuto anche in questioni religiose e politiche. Inoltre la sua tematica miracolosa e il suo potenziale impatto emotivo la resero popolare nell’ambiente dei narratori, mentre gli elementi visivi si prestarono facilmente alla realizzazione di cicli illustrativi piuttosto complessi e articolati. Alla radice della storia dell’ascensione stanno i versetti coranici 17:1 e 53:618. Il primo, nel diciassettesimo capitolo del Corano (sura), intitolato “Il viaggio notturno” (al-Isra’) o “Gli israeliti” (Bani Isra’il), recita: “Gloria a Colui che fece volare di notte il suo servo dal Tempio Sacro [sacro luogo?] (al-masjid al-haram) al Tempio Ultimo (al-majid al-aqsa), i cui precinti abbiamo benedetto per mostrargli alcuni dei Nostri Segni”. La maggior parte degli scrittori ha interpretato questo verso (aya) come un’indicazione del viaggio di Maometto (cioè, “il Suo [di Dio] servo) dalla Mecca fino a un luogo molto lontano, che dovrebbe rappresentare Gerusalemme- 8 Il Libro dell’Ascensione di Maometto). Di conseguenza, il Corano 17:1 è spesso interpretato come concernente la parte terrena del viaggio notturno di Maometto (isra’) che lo portò dalla Mecca a Gerusalemme prima della sua ascensione al Cielo. Un’altra serie di versetti del Corano, 6-18 della 53a sura, intitolata “Sura della Stella” (al-Najm), completa il racconto dell’ascensione descrivendo l’arrivo del profeta sopra un altissimo orizzonte segnato da un albero di loto chiamato Albero del Limite (sidrat almuntaha) che divide la realtà contingente dal regno eterno. Quando Maometto arrivò vicino a Dio – così vicino, infatti, che a dividerli c’era solo lo spazio di due archi (qab qawsayn) – Dio concesse delle rivelazioni al Profeta il quale da parte sua contemplò i grandi segni di Dio. Il carattere piuttosto ambiguo di questi versi provocò accese dispute sulla natura della visione di Dio da parte di Maometto senza che tuttavia venisse impedita una certa libertà di interpretazione. Tuttavia gli scrittori sono propensi a concordare che la visione (ru’ya) di Dio da parte del Profeta debba intendersi come quella che egli maturava nel cuore piuttosto che costituire una percezione reale. La combinazione dei versi del Corano 17:1 e 53:6-18 e l’incorporazione di un certo numero di brevi versi coranici e di dettagli biografici attinti da fonti non coraniche, come biografie, storie, opere esegetiche ecc., si contaminarono ......................................................   
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di Piero Ricca

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16:35 06 Ago

Anche per la scienza,
giusto espellere l’Imam

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