martedì 10 agosto 2021

FOLLIA ABOLIRE IL REDDITO DI CITTADINANZA. LA SPORCA FOLLIA DI RENZI

A questo individuo, disonestamente spregiudicato, non è bastata la batosta che nel 2016 ebbe con la sconfitta del referendum sullo stravolgimento della Costituzione. Aveva promesso che si sarebbe ritirato dalla politica se avesse perso il referendum. Tutto il contrario. Oggi siede in quel Senato che avrebbe voluto abolire. Pur di continuare a stare a galla ha lasciato il PD e si è inventato un partitino chiamato Italia Viva, che è nato morto secondo i sondaggi (2%). Vuole abolire l'unica cosa giusta che vollero i 5S. Il Reddito di cittadinanza è stato mal concepito perché nelle sue intenzioni avrebbe dovuto promuovere l'assegnazione di un lavoro. Ma quale lavoro? I suoi obiettori dicono che il R.d.C invita coloro che ne usufruiscono a stare comodi nel divano di casa o a promuovere il lavoro nero. FALSO. I suoi obiettori dicono che essi preferiscono stare in casa piuttosto che accettare molti lavori che vengono loro offerti. FALSO. Si tratta di lavori stagionali che non garantiscono affatto la prosecuzione del lavoro finita la stagione. I navigator furono concepiti come uffici di collocamento. Totale fallimento. Quale lavoro avrebbero dovuto offrire a chi aveva già un'esperienza lavorativa? Solo un lavoro legalmente retribuito che fosse congruo con la passata esperienza lavorativa avrebbe avuto significato. Lavoro legalmente retribuito significa che il datore di lavoro dovrebbe pagare anche i relativi contributi ai fini della pensione e permettendo che la retribuzione netta non sia inferiore a 780 euro mensili. Il che significa che al datatore di lavoro il nuovo occupato costerebbe molto più di 1000 euro mensili. E in quale sede poi questo lavoro verrebbe assegnato? Se venisse assegnato in un luogo lontano dal luogo di residenza la retribuzione dovrebbe tener conto anche di questo. Chi usufruisce del R.d.C. nella misura di 780 euro deve pagare con esso la abitazione più acqua e luce. Che cosa gli rimane in tasca? Chi risulta proprietario di una casa o chi vive nella casa dei genitori ha un R.d. C. ridotto a 500 euro. Il R.d.C. non ha alcun effetto riguardo al calcolo di un futuro pensionamento. Dunque non si può dire che chi ne usufruisce abbia interesse a rimanere disoccupato. Ha detto giustamente Piero Sansonetti (trasmissione Stasera Italia su Rete quattro) che il R.d.C. deve essere concepito come rimedio alla povertà e non come ufficio di collocamento. Ha aggiunto giustamente Sansonetti che il lavoro può essere trovato solo detassando il lavoro dei nuovi assunti in modo che i contributi siano a carico dello Stato. Altrimenti non diminuerà mai la disoccupazione. Di tutto questo non poteva tener conto il Bomba Renzi. Il referendum per abolire il R.d.C. senza offrire una valida alternativa sarà la sua ennesima sconfitta. In tutti gli Stati dell'UE esiste il R.d.C. per coloro che risultino disoccupati, e con maggiori agevolazioni che in Italia non esistono. E questo scellerato vorrebbe abolirlo. Vuole andare incontro ad una ulteriore sconfitta. Draghi ha capito che se si dichiarasse contrario al R. d. C. il suo governo cesserebbe di esistere perché perderebbe in parlamento i voti dei 5S. Da notare che fu proprio il Bomba a far cadere il secondo governo Conte togliendogli la fiducia dopo avere dato luogo a Italia Viva (morta). Ed ora non ha il coraggio di togliergli la fiducia perché nuove elezioni significherebbero la sua scomparsa con il suo misero 2%. Perciò ha preferito conservargli la fiducia, avendo per di più alcuni suoi rappresentanti al governo, ma promuovendo contraddittoriamente un referendum per l'abolizione del R.d.C. E' l'individuo più schifosamente spregiudicato della politica. Vi è da sperare che la sconfitta alle nuove elezioni (nel 2023) ci liberi per sempre dalla sua sporca presenza.                               

7 commenti:

marcorighi1979@gmail.com ha detto...

il reddito di grillo è un abominio "servi di grillo" chiama sgarbi coloro che hanno votato i cinque stronzi solo per avere il reddito di cittadinanza. è sbagliato anche il concetto che ne è alla base, checché ne dica draghi. fondamentalmente lo stato ( cioè noi ) paghiamo un disoccupato per non fare nulla. nessun corso di formazione, nessuna attività socialmente utile ( a spazzare le strade vedo solo stranieri ) e nessun lavoro all'orizzonte dato che i navigator, o chi per essi, riescono a collocare solo un misero cinque per certo dei percipienti il reddito. dunque il rdc si è rivelato per quello che era. una mossa del pagliaccio dei massoni grillo che ha detto io ti do i soldi e tu voti per me. lo faceva anche la dc negli anni '70 ( vedi pensioni baby ) per timore che la gente votasse comunista. questo non è essere comunista ne essere capitalista, è una via di mezzo che non vuol dire nulla. nel capitalismo il sistema funziona secondo le leggi del libero mercato e tutto si risolve da sé ( adam smith ) e chi rimane fuori dal mercato e non trova lavoro è perché non era abbastanza bravo o meritevole. nei paesi comunisti invece si applicava il principio di marx, a ognuno secondo i suoi bisogni, da ognuno secondo le sue capacità. il lavoro veniva dato dallo stato, non dal mercato, e non poteva essere rifiutato pena la galera. il rdc vuole mettere una toppa a un problema generato dal nostro sistema, la disoccupazione, senza risolvere il problema alla radice. allora piuttosto meglio keynes. hai tanti disoccupati ? fagli fare un buco per terra e poi faglielo riempire. crei lavoro e l'economia gira.

Pietro Melis ha detto...

E' vero che i 5Stalle hanno avuto il 33% grazie al R.d.C. soprattutto nel sud. Ciò non toglie che esso sia giusto e le sue osservazioni non ne intaccano la giustezza. Notare poi che che il R.d.C. deve essere speso tutto entro un mese. Con esso si incrementano gli acquisti e perciò indirettamente la produzione. Incrementando la produzione si evita una maggiore disoccupazione nelle aziende.

RIC ha detto...

il reddito di cittadinanza e' giustissimo e sacrosanto . Del " adam smith " e simile cirlateneria e' da secoli che ne vediamo le nefaste conseguenze . Il libero mercato e' la cosa
piu' deleteria che si possa immaginare.Si chiama WTO, quella nefasta stretta di mano fra multinazinali e mitomani. Una qualsiasi multinazionale e' libera di comperare un sotto-prodotto fatto in Pakistan a costo zero , venderlo ad una societa' di Aruba che lo dstribusce in europa e non paga tasse ne in europa , tantomeni i Pakistan , poiche' ha sede in lussembugo ? Una azienda tipo Ex fiat , vende una sua stessa azienda a se medesima ma con sede a Hong Kong ,
poi la sposta temporaneamente in Polonia per un progetto al massimo decennale , lascia gli operai a casa senza stipendio e quasti operai non sarebbero abbastanza bravi o meritevoli ? ma si rende conto delle cazzate scritte ? Il libero mercato ha sempre risolto le sue carenze e periodici fallimenti con le guerre. Poi per parlare di Marx , serebbe bene che venisse studiato obbligatoriamente gia' dalle scuole medie . Il capitale di Carl Marx e' un trattato di economia gigantesco. parla esclusivamente dei processi economici e dei loro risultati ,e da non confondere con la sinista e robaccia simile.Tanto per aprire gli occhi
a qualcuno... toh..il libero mercato -
. L'industria italiana




Come reagirono le forze economiche italiane all’emergenza rappresentata dalla guerra? La mobilitazione fu straordinaria, con il potenziamento delle industrie esistenti e la nascita di nuovi rami della produzione, in un contesto di enorme crescita dei fatturati e dei profitti.
Uno degli aspetti più significativi della grande guerra fu il ruolo di stimolo che essa assunse nei confronti dell’apparato produttivo industriale. Il fronte, con l’impiego di centinaia di migliaia di uomini da alimentare, vestire e calzare e con il suo quotidiano “consumo” di cannoni, armi, munizioni e mezzi di trasporto, si andò configurando come un immenso mercato: in esso vi era un solo compratore, lo stato, e un numero crescente di fornitori fatto sia da grandi industrie sia di una miriade di piccole e medie manifatture. Nel volume dello storico Giorgio Porisini Il capitalismo italiano nella prima guerra mondiale, La Nuova Italia, Firenze 1975, compaiono alcune informazioni sulle dimensioni quantitative dell’industria bellica e su quelle che erano le sue tendenze di fondo.

RIC ha detto...

toh il libero mercato e la sua missione fra i popoli...

tutto comincio' quando ?: Quando c' erano in italia ( nel mondo ) 100.mila negozietti che vendevano le merci locali , del circondario , prodotti regionali ecc...guadagnavano forse il giusto , ma tutti mantenevano una famiglia, e pagavano le tasse in italia . Poi venne il furbo che disse.. Ma perche' tutti i soldi che guadagnano i negozietti non posso averli tutti io ? Ecco il supermercato.Ora i negozietti rimasti non guadagnano piu' . Con la differenza che prima i guadagni suddivisi fra molte attivita'erano riversati sul territorio , ora nelle mani di pochissimi e delle multinazionali prendono il volo . Qualcuno lo chiama progresso .


l'imprenditore di oggi deve essere giustamente massacrato di tasse .Con la "sua capacita' e intelligenza ". morirebbe di fame se non ci fossero eserciti di persone che passano la loro vita in fabbrica a lavorare per ingrassarlo . un popolo puo' benissimo vivere senza un imprenditore privato ed e' storicamente dimostrato . Ma un imprenditore che sappia vivere ed arricchirsi solo con il suo lavoro senza sfruttare qualcuno deve ancora nascere. Sveglia !!!

e pensare che sono di esterma DESTRA !!

RIC ha detto...

Prima guerra mondiale... per non parlare della seconda..


Il ruolo trainante della guerra ed ai coglioni itaglioti gli si disse che andavano a difendedre la patria.....

I profitti medi dichiarati dalle società anonime, pari al 4 per cento circa alla vigilia del conflitto, balzano nel 1917 all’8 per cento e, nei settori più direttamente impegnati nella produzione bellica, ascendono a misure veramente vertiginose. Gli utili delle industrie siderurgiche salgono dal 6 al 17 per cento, quelli delle industrie automobilistiche ( FIAT voluntas sua )passano dall’8 al 31 per cento, quelli dei fabbricanti di pellami e calzature si elevano dal 9 al 31 per cento, quelli dei lanieri crescono dal 5 al 19 per cento. Gli utili dei cotonieri, dei chimici e dell’industria della gomma aumentano rispettivamente dall’1 al 13 per cento, dal 9 al 15 per cento. Così pure mentre il capitale delle società anonime industriali in genere cresce, in lire oro, del 56 per cento, quello delle anonime metalmeccaniche aumenta del 252 per cento.
Il capitale dell’Ilva passa da 30 a 300 milioni, quello della Breda da 14 a 110 milioni, quello della Fiat da 17 a 200 milioni, quello dell’Ansaldo da 30 a 500 milioni […].
Si formano grossi collegamenti industriali, si concentrano enormi nuclei di interessi e di affari. Cartelli e pools assorbono in un unico organismo molte aziende, spesso anche assai notevoli per la rilevanza dei mezzi finanziari raccolti, per il giro di affari amministrato, per la vastità del movimento economico controllato, per la massa di operai impiegata, e traggono la loro potenza, oltre che dal loro capitale, dall’ampiezza dell’indiretto dominio su molte altre società che si opera attraverso lo scambio delle azioni e delle rappresentanze personali.
Contemporaneamente, però, eliminata ogni forma di concorrenza e sospesi gli scioperi, armatori e industriali possono imporre i prezzi desiderati e accumulare enormi fortune. Mentre l’accresciuta circolazione monetaria dilata gli affari e ogni limite di spesa viene rimosso, al loro confuso e disordinato arrembaggio al denaro pubblico non è possibile opporre più alcuna resistenza. Gli industriali approfittano del conflitto per instaurare una maggiore disciplina nel paese, per diminuire il pericolo degli scioperi, per piegare la manodopera maschile, femminile e minorile alle dure condizioni di lavoro, e applicano quella “legislazione di guerra” che lo stato, come s’è visto, ha promulgato nel settore del lavoro.





La guerra facilita in questo modo la nascita o il rafforzamento dei grandi monopoli, scatena le più audaci speculazioni, intensifica il processo di concentrazione regionale a vantaggio delle zone sedi delle attività più direttamente connesse alla produzione bellica. […]. La guerra accentua perciò i tratti più tipici del capitalismo industriale italiano, quali l’alto grado di concentrazione, la compenetrazione tra banche e industrie, la dipendenza dalle ordinazioni dello stato e le intese settoriali per la regolamentazione dei mercati […]. Soprattutto la generale compenetrazione tra industria e banca costituisce una pesante ipoteca sul futuro sviluppo dell’economia e della vita nazionale. Il credito diviene base necessaria per la finanza industriale, e l’eccessivo suo allargamento determina una prevalenza troppo accentuata del debito fiduciario sul capitale vero e proprio dell’azienda. L’industria si espone a gravi soggezioni e pericoli ogni qual volta si registrano contrazioni di credito, l’eccesso di concorso diretto della banca nella formazione del capitale azionario delle società anonime ne compromette spesso la sincerità del carattere e ne deforma la funzione. Per qualche coglione bastardo questo si chiama LIBERO MERCATO.. Mi perdoni prof. Melis , ha pieno diritto di non pubblicarmi , ma alle troppe stronzate , ho le mie reazioni.

marcorighi1979@gmail.com ha detto...

caro RIC, le scrivo perché credo di non essermi spiegato bene. secondo la visione liberale, che io non approvo e neanche fa parte del mio modo di pensare, se uno è povero è colpa sua e se uno è ricco è merito suo. come spiega max weber nel celebre libro "l'etica protestante e lo spirito del capitalismo". non è un caso che siano gli americani a pensare così. non sono d'accordo perché, è superfluo dirlo, se la mia azienda si trasferisce in Romania ed io rimango disoccupato, è evidente che non è colpa mia. ( è successo ad un mio amico con due lauree e un master, quindi si poteva dire tutto di lui tranne che non fosse preparato o "meritevole" ) detto questo il problema a mio avviso è che non esiste soluzione, almeno nell'immediato. ho citato Marx, ma nei paesi comunisti si stava peggio, almeno se il paragone era riferito agli anni '70 '80. oggi si sta male anche nei paesi di "libero mercato" ( abbiamo il fenomeno dei working poors, che è uno schiaffo alla dignità umana ) e quindi i fan del capitalismo dovrebbero porsi anche loro alcune domande. ho citato keynes perché è sempre stato visto come una terza via "equa" ( mi passi il termine ) tra i due sistemi economici. anche se in realtà penso sia molto sopravvalutato anche lui. come vede cercare la quadra non è semplice.

RIC ha detto...

a parte il fatto che lei si e'spiegato benissimo...Dei profeti dell' economia del passato restano le macerie delle loro considerazioni , che emettono fetori velenosi . Resta solo come ho detto l' analisi avulsa da ogni imposizione ideologica di Carl Marx, che e'esclusivamente una constatazione della economia dei periodi in cui visse , e ne evidenzio' tutte le aberranti conseguenze.Il comunismo che da in germania sbuco'poi in Russia ne ha prese solo le spinte iniziali e' un altra cosa ..
Ma per arrivare a capire la societa' che lei ha tanto incensato e' necessario che faccia una considerazione su di una verissima realta' : In una societa' Comunista nella zona assegnata dalla collettivita' locale, un tizio viene incaricato di provvedere a tutte le riparazioni delle vetture che per vari motivi forano le ruote in quella zona. Lo stipendio e' sempre lo stesso , con o senza clienti .Il tizio se volesse partecipare alla collettivita' che gli paga lo stipendio, la prima cosa che dovrebbe fare e' quella di scopare tutte le strade sotto la sua area di competenza e liberala dalle insidie...Ora trasportiamo la stessa esigenza in una societa' liberista dove lo stato e' solo spettatore inerte delle vicende che l' economia di mercato ed il liberismo impongono per vivere.un Gommista apre una sua officina di riparzioni e gomme , ma al mattino va in giro a spargere chiodi. ilsuo sogno e' di aprire una catena di attivita' nella zona e fare fuori la concorrenza. E questa e' la realta' di tutti i giorni. Quando in una societa'gli interessi invece di essere condivisi ma diventano contrastanti, veda il carrozziere che ride se nevica e l'assicuratore si mette le mani nei capelli . Questo per dirle che se non sappiamo immaginare un mondo diverso da questo , allora siamo in brutte mani...